giovedì 31 dicembre 2009

DISSENNATE PREVISIONI

Alla fine del 2008, come ad ogni fine d'anno, gli astrologi si sono scatenati con le loro previsioni dissennate. La sensitiva Stefanova sbagliò a pronosticare il nome del prossimo segretario Nato, e sbagliò pure a pronosticare che Franceschini sarebbe rimasto a capo del PD. L'almanacco di Barbanera affermava che la questione del Tibet sarebbe stata risolta (?), che una petroliera avrebbe inquinato le coste del Portogallo, che il Sudafrica sarebbe stato colpito da una grande epidemia, che a luglio ci sarebbe stata una crisi di governo in Italia. L'astrologa Bonomi disse che Napolitano avrebbe avuto problemi di salute, che Berlusconi lo avrebbe sostituito come presidente della repubblica, che Galliani sarebbe diventato ministro dello sport. Tale Sorrentino annunciò grandi innovazioni hi-tech applicate alla medicina, nonché la cura per la cecità. Nessuno dei suddetti mescolatori di fondi di caffè anticipò la morte di Michael Jackson, il nobel per la pace ad Obama, l'arresto di Polanski, l'aggressione a Berlusconi, il caso Marrazzo. Sarkozy e la Bruni non si sono ancora separati, Di Caprio non ha ancora sposato Bar Rafaeli. Clooney ed Alberto di Monaco sono ancora scapoli, Scamarcio non ha ancora chiesto in moglie la Golino. Ritentate, sarete più fortunati! Ratzinger non ha subito un attentato mortale, ma la squilibrata di turno ha abbattuto un cardinale. Al Qaeda non è ancora riuscita ad organizzare un attentato contro Obama, ma un nigeriano ha cercato di fare saltare un aereo. Non sono neppure avvenuti i suicidi collettivi previsti dal mago Johnny. Un grande uomo della televisione è morto, ma di morte naturale. Il Cicap (comitato per il controllo delle affermazioni sul paranormale) ha smascherato questi pagliacci vaticinatori, lettori dei cieli e delle foglie di the. Sarebbe forse il caso che la gente si facesse un po' furba. Non tanto, solo un po'. Per avere la dimostrazione provata delle bufale di fine anno, consigliamo di scrivere su una paginetta le previsioni più mirabolanti per il 2010, e di collocare detta paginetta, affissa sotto il calendario dell'anno medesimo, da consultare a fine dicembre.

Fonte:
http://www.repubblica.it/2009/12/sezioni/cronaca/oroscopi/oroscopi/oroscopi.html

martedì 29 dicembre 2009

IL DIABOLICO PIANO DEL DOTTOR MARCHIONNE

L'amministratore delegato della Fiat e della Chrysler ha detto chiaramente che non è conveniente produrre automobili in Sicilia. Dalle parti di Torino e Milano sì, in Sicilia no, perché mancano le infrastrutture. Non crediamo si riferisca al ponte sullo stretto di Messina. Marchionne è stato ingaggiato per ridurre i costi ed incrementare i profitti, e questo è quel che fa. Finora è stato talmente convincente che lo hanno ingaggiato anche gli americani. Il suo diabolico piano si è pertanto arricchito dal punto di vista dell'approccio territoriale. Ora Marchionne gioca su una scacchiera che si estende su due continenti minimo. Chiudere a Termini Imerese è solo un tassello del suo disegno complessivo. Fiat e Chrysler avranno molto in comune, se non tutto. Una multinazionale risparmia incrementando le quantità e riducendo i siti di produzione. Assemblare i telai in un solo enorme stabilimento è meglio che farlo in dieci stabilimenti medi. Dove collocherà l'enorme stabilimento? Dove il costo del lavoro è minore, la qualità è accettabile, il contesto socio-politico non interferisce con la logica capitalista, le infrastrutture consentono di trasportare in fretta e bene il prodotto ovunque. Deduzione: la Fiat Chrysler non assemblerà telai in Sicilia. Dal punto di vista di Marchionne, il ragionamento non fa una piega. Dal punto di vista degli operai di Termini Imerese, purtroppo le cose sono molto diverse. Posti di lavoro in meno, reddito da cassintegrati, ritorno all'età del legno di tutta la zona ex industriale. I sindacati minacciano scioperi ed altre azioni. Potrebbero in effetti convincere Marchionne a chiudere ancora prima del 2011, ma non sono in grado di convincerlo in alcun modo a recedere dalla sua decisione. I sindacati hanno evidenziato una verità sussurrata: lo stabilimento siciliano lo ha pagato lo Stato italiano, forse anche strapagato. Quindi potremmo e dovremmo rivendicarlo. I metalmeccanici siciliani invitano qualche altra azienda automobilistica a farsi avanti, e riprendere da dove la Fiat ha mollato. Non capiscono o non vogliono capire che tutte le multinazionali, quando si tratta di valutare i costi ed i benefici, ragionano allo stesso modo. In più, il quadro internazionale è complicato dalla scomparsa di due marchi famosi: Volvo e Saab. Gli svedesi non hanno più l'auto vichinga, ma dovranno accontentarsi di quella cinese. Non pareva che Volvo e Saab stessero così male, ma evidentemente mascheravano bene i sintomi della malattia che le ha condotte ad una fine poco gloriosa. Tornando a noi, l'unica soluzione percorribile è quella di tornare a costruire l'auto nazional popolare, in stabilimenti gestiti da aziende con capitale pubblico. Non pensiamo alle ASL perché altrimenti cadiamo in depressione. Se ipotizziamo di costruire un'automobile vendibile, non possiamo affidare gli stabilimenti a politicanti e figli di politicanti. Pensiamo alle ferrovie dello Stato. Tappiamoci il naso, e facciamo finta che i treni non ritardino eccessivamente, che le carrozze siano pulite, che tratte poco redditizie non siano state abbandonate alla ruggine. I manager delle ferrovie hanno se non altro un piglio differente dai manager delle ASL. I primi parlano come i loro colleghi del privato, mentre quelli delle ASL parlano come hanno imparato a fare nelle sezioni di partito. La Renault è la dimostrazione vivente di come lo Stato possa gestire un settore produttivo, e lavorare bene. La differenza tra noi ed i francesi è la mentalità: loro non sparano sul pianista, e credono allo Stato. Loro hanno iniziato il sessantotto, ma si sono ricomposti quasi subito. Noi i sessantottini li abbiamo ancora tra le scatole. I francesi ci riempiono di Carrefour, Auchan e Decathlon, e noi non siamo ancora riusciti a copiarli. A sì che li abbiamo sotto casa!

mercoledì 23 dicembre 2009

DELIBERE DI FINE ANNO, FONDO INCENTIVI E MOLINETTIANI DISTRATTI

Con la delibera di fine anno, numero 531, il direttore generale ha intensificato il suo attacco al fondo incentivi. Mentre CGIL, CISL e UIL terrorizzano la popolazione con lo spauracchio Brunetta, alle Molinette lasciano campo libero ai direttori, ai dirigenti ed alle posizioni organizzative, attivate unilateralmente dall’azienda. GEF, Personale e Patrimonio hanno chiesto ed ottenuto un incremento delle loro posizioni organizzative. Se abbiamo contato bene, il Personale ne ha addirittura otto (ricordate quando erano due?). Ogni pensionamento rappresenta una scusa per la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ecco il nuovo assetto di GEF, Personale e Patrimonio (a nostre spese).
GEF: bilancio, ciclo attivo, ciclo passivo, fiscale.
PERSONALE: relazioni sindacali, economico, ruoli contributivi, giuridico, concorsi, previdenza e quiescenza, gestione convenzione università, rilevazione assenze.
PATRIMONIO: attività amministrative, grandi utenze, servizi, assicurativi, tutela beni.
Naturalmente CGIL, CISL e UIL possono operare in tal modo grazie all’avallo del proprio elettorato, che potremmo definire “distratto”. Siamo in prossimità delle feste natalizie e non vorremmo adoperare altri termini meno simpatici per appellare chi mugugna quando sente il nome di Brunetta, ma sottostima il crescere smisurato delle posizioni organizzative. Noi ai “distratti” dobbiamo necessariamente ricordare che le posizioni organizzative traggono finanziamento dagli incentivi. Se e quando si applicherà la normativa Brunetta sugli incentivi, alle Molinette resterà ben poco da spartire. Detto ciò, auguriamo buone feste anche ai “distratti”. Ci sono cose peggiori delle posizioni organizzative: i massicci licenziamenti della Ford (che sembrava immune alla crisi), la chiusura della Fiat di Termini Imerese, e della Yamaha (in Italia), i bonus che i banchieri rubagalline continuano ad attribuirsi. Fine anno e le ferie estive, sono i periodi migliori per lanciare queste offensive contro i nostri stipendi tartassati. CGIL, CISL e UIL sanno benissimo che tutti gli anni dovremmo riparlare delle posizioni organizzative, ma preferiscono lasciare campo libero all’amministrazione. Cosa ci guadagnano in questo sfascio? Anche i più “distratti” dovrebbero chiederselo. Essere “distratti” non vuol dire necessariamente essere privi di attività cerebrale.

mercoledì 16 dicembre 2009

UN PREOCCUPANTE NUMERO DI IMBECILLI

Il fatto politico di questi giorni non è la finanziaria, bensì il ferimento di Berlusconi da parte di un pazzo a piede libero. Che ci siano pazzi in libera uscita non ci stupisce: lo riscontriamo tutti i giorni circolando in auto, o evitando di essere messi sotto. Tempo fa uno dei pazzi travestito da psichiatra decise che la malattia mentale non esisteva più. Da allora i pazzi gravano sulle famiglie. Quello che ha tirato un souvenir sulla faccia di Berlusconi era pazzo da almeno dieci anni, ma evidentemente la sua psichiatra non lo aveva ritenuto pericoloso, e lui circolava con la borsa piena di simpatici oggettini. I pazzi non potrebbero impazzare se non fossero favoreggiati da psichiatri, che a loro volta sono fuori come dei balconi. Detto ciò in premessa, torniamo a Berlusconi. Che piaccia o meno, ha vinto le elezioni; quindi i suoi avversari dovrebbero combatterlo politicamente, e non incaricare dei folli di tirargli in faccia oggetti contundenti. Maroni ha detto bene: Berlusconi poteva lasciarci le penne. Sarebbe bastato che il tizio avesse avuto una pistola. Ora forse Berlusconi forse si farà furbo, e la pianterà di svicolare dalla sua stessa scorta. Quello che l'ex sinistra non capisce è che Berlusconi piace a molti, e questo sentimento richiede reciprocità. Ecco perché stringe tante mani. Nell'ex sinistra nessuno piace al popolo quanto Berlusconi. D'Alema è chiaramente antipatico, almeno come Fini (che è un ex di destra). Bersani, Franceschini e Rutelli sono delle mezze cartucce, dal punto di vista del carisma personale. Bersani è un bravo tecnico, ma non riesce a fare fronte a quella accozzaglia che è il PD. Ecco perché la Bindi ha dichiarato che Berlusconi non deve fare la vittima. Neppure un rifondarolo avrebbe detto una simile castroneria, e lei è una ex DC. Alla faccia della democratica e della cristiana! Di Pietro ha detto di peggio, ma lui vive in funzione della distruzione fisica del nemico, e si è messo in testa che Berlusconi sia una specie di anticristo, se non peggio. Un preoccupante numero di imbecilli ha reagito all'aggressione a Berlusconi dicendo che se la è meritata. Gli imbecilli in questione non sanno (essendo ignoranti perché leggono solo Tuttosport) che noi italiani non abbiamo mai auspicato ed attuato aggressioni ai danni dei nostri presidenti. Moro fu assassinato dalle brigate rosse, che mai hanno rappresentato il popolo italiano, e quando accadde non era più il premier. Gli imbecilli si nascondono dove meno te li aspetti, ed ecco che persone che sembravano assennate si mettono a parlare di rivoluzione. Premesso che il popolo italiano, a differenza dei francesi, degli americani, dei russi e dei cinesi, non ha mai fatto la rivoluzione (ma in compenso ne ha parlato fino alla nausea). Tirare qualcosa in faccia ad uno che potrebbe esserti padre o nonno non è precisamente un atto rivoluzionario. In più si è trattato di un attacco vigliacco, come ha poi ammesso il pazzo medesimo. Evidentemente il suo avvocato gli ha consigliato di dire così. Gli imbecilli di cui sopra brontolano come pentoloni di fagioli, ma come i fagioli producono aria che ristagna nelle parti basse, e di lì fuoriesce.

venerdì 11 dicembre 2009

COSE DELLA MUTUA.

Finalmente in questi giorni il centro-destra si è schierato contro l'edificazione della città della salute a Grugliasco. Era ora che quelli dell'opposizione dessero segni di vita, e facessero qualcosa per meritarsi i voti ottenuti e lo stipendio sicuramente non da cassintegrati che percepiscono. Accusano Chiamparino di non aver osteggiato il piano della Bresso, che di fatto priverebbe la zona sud di Torino (e non solo quella) di un polo ospedaliero che è stato un riferimento certo e solido per più di settanta anni. Ma del resto Chiamparino è un uomo di partito, che non brilla di luce propria, e si regola di conseguenza. Diciamo che, dall'avvento dei politicanti nella gestione della sanità, le Molinette ha subito non pochi danni. Ma non sono ancora riusciti a distruggere del tutto il grande ospedale. Hanno iniziato a mandare in malora la lavanderia, svendendo peraltro macchinari funzionanti. E via cogli appalti, non ultimo quello delle pulizie; colpa degli ausiliari, che non ce la facevano proprio più ad espletare le mansioni per le quali erano stati assunti. Poi l'amministrazione ha fatto costruire dei capannoni provvisori, che hanno messo radici, e lì sono rimasti. La fase successiva è stata quella del COES: per molto tempo abbiamo avuto una piscina a cielo aperto, poi un prefabbricato tra i più brutti. Ci mancava un parcheggio multipiano? Tutti quelli che si ricordano il prima, sono concordi nell'affermare che sia stato spreco di denaro pubblico e di spazi alberati. Le auto, che prima parcheggiavamo nei cortili, erano più di quelle che riescono ad entrare ora in ospedale: una complicazione degli affari semplici. Quando piove, le auto a due ruote motrici pattinano sulle rampe. Ci dobbiamo convertire in massa al suv? Con quali soldi? Le luci del multipiano rimangono accese tutta la notte. Chi paga? Non crediamo che la GTT sia così sprovveduta da accollarsi un tale costo. Ultima ma non ultima trovata, per mandare le Molinette in malora, la palazzina ristoro, assolutamente non necessaria, visto che la mensa era nuova, ed in quella cucina fatiscente la Gemeaz ha continuato a cucinare per anni. Ora amministrazione e ditta fanno finta di litigare sulla gestione futura della ristorazione, ma siamo certi che l'amministrazione abbia finora chiuso più di un occhio sul rispetto del capitolato. A proposito di parcheggi e di Gemeaz, che fine ha fatto il parcheggio in silos che si trova sotto la palazzina? Perché Galanzino ed i suoi fingono che non esista? L'ospedale Molinette funzionerebbe molto meglio se, invece di far riunioni mattina e pomeriggio, si producesse salute. Al contrario, da noi fervono la formazione, l'informazione al cittadino, l'intrattenimento, la valutazione del lavoro altrui, la messa in piega, il bar, il cral ed i tabulati. Se non ci fossero i tabulati e le pagelle, quanta gente non saprebbe come passare la giornata! Tornando alla città della salute, i politicanti dovrebbero seguire l'esempio dell'Ikea: prima stavano presso un terminal ferroviario, ora stanno nei pressi della tangenziale. Ergo: la viabilità innanzi tutto. Le menti pensanti della Regione potrebbero edificare presidi sanitari lungo la tangenziale, per evitare la collassata circolazione urbana. Ciò non preclude che le Molinette rimanga un ospedale nonostante i consulenti a pioggia, i progettisti che non progettano (ma prendono bei soldini), i co.co.co. che aspirano alla dirigenza (peraltro già pagati in maniera adeguata), le posizioni organizzative (inventate sul campo, per garantire all'amministrazione un muro di contenimento pagato cogli incentivi altrui), direttori e direttorini (giusto per distribuire nastrini e coccarde, come alle elementari di una volta), infermieri che non fanno gli infermieri (ma incassano di più di un infermiere vero), buchi in bilancio fin da gennaio (e tutti quelli preposti a lanciare l'allarme, che fanno?). Però dobbiamo riconoscere che questa amministrazione ha fatto qualcosa di buono per rilanciare la produttività della baracca: ci ha tolto Facebook! Ora sì che le cose miglioreranno sensibilmente.

giovedì 3 dicembre 2009

QUEL SUPER PARTES DI FINI

Non è la prima volta che Fini attacca Berlusconi, ma le recenti esternazioni fuori onda hanno indotto quelli del PdL a chiedere che si levi dalle scatole. Forse Fini crede veramente di essere diventato uno che brilla di luce propria, e da tale pulpito ritiene di poter sputare anche nel piatto dove mangia. Il presidente della Camera è in effetti la terza carica istituzionale dello Stato, ma conta poco o niente. Sussistono già dubbi sui poteri reali del capo dello Stato; figuriamoci quindi cosa dovremmo dire di uno, e su uno, che subentrerebbe in posizione di grande potere formale, solo se quelli davanti a lui (i presidenti della Repubblica e del Senato) cadessero contemporaneamente vittima dell'influenza suina. Fini è stato messo lì per privarlo di ogni valenza politica, non per elevarlo al di sopra dei comuni mortali. Camera e Senato nominano i rispettivi presidenti, che non fanno altro che organizzare lavori, e dare la parola a questo e quello. Tra l'altro i presidenti di Camera e Senato devono comunque prima sentire i capigruppo. In Italia i politici hanno potere, mentre le cariche istituzionali si affidano a gente ormai fuori dai giochi. Fini nell'attuale incarnazione non può più fare politica, ma pare non lo abbia ancora ben capito. Strano: con quel suo atteggiamento supponente si direbbe che sia un "so tutto io!". O forse questa è appunto la fine che fanno i "so tutto io". Ricordiamo gente più in gamba di lui, e più preparata di lui, che alla fine è stata estromessa dalla scena politica. Berlusconi gli ha tirato un grandissimo pacco: ha annesso Alleanza Nazionale, dandogli in cambio uno scatolone pieno di aria fritta. Può darsi che Fini se ne sia accorto solo ora, e questo sia il vero motivo dell'acredine che mostra nei confronti del suo ormai ex alleato. Berlusconi ha fatto con Alleanza Nazionale quello che Agnelli fece con l'Alfa Romeo e la Lancia: l'ha ottenuta gratis. Fini non si vuole pentire di aver dato del dittatore a Berlusconi. Ma così facendo rischia concretamente di farsi tagliar fuori dai flussi decisionali: finora lo hanno ascoltato per pura cortesia, ma da adesso potrebbero chiudergli la porta in faccia, e lui potrebbe solo mugugnare. A meno che, provi ad aggregare attorno alla sua poco simpatica persona qualcuno che non tema le ritorsioni di Berlusconi. Chi nel PdL sarebbe così poco furbo da preferire un perdente di tal fatta al leader carismatico Berlusconi? Quale collocazione politica avrebbe l'ipotetico partitino di Fini? Di destra no di sicuro. Se andasse troppo a sinistra, lo spettro di Almirante verrebbe a tirarlo per i piedi. Rimane solo il centro. Ecco: Fini potrebbe andare a servir messa assieme a Casini!

lunedì 30 novembre 2009

MOBILITÀ PILOTATA

MOBILITÀ PILOTATA_30nov09
Venerdì scorso alle Molinette ci siamo incontrati, sindacati ed amministrazione, per continuare a perdere tempo. Dovevamo parlare della mobilità del personale del comparto, ma alla fine siamo a malapena riusciti a raccogliere i nominativi di chi farà parte della commissione preposta a revisionare l’antico regolamento. Un grosso passo indietro, rispetto a quando la commissione mobilità esisteva e si riuniva. L’amministrazione non vuole una riproposizione di detta commissione, e neppure CGIL, CISL e Nursing Up, che hanno firmato un pre-accordo in base al quale l’ultima parola spetta sempre a Giunta, Brusco e Paleologo. Bel modo di fare sindacato, o meglio di calarsi le braghe. Il pre-accordo sulla mobilità, oltre ad attribuire i super-poteri all’amministrazione, insiste nel voler escludere i coordinatori del comparto dai lavoratori che dovrebbero essere tutelati sindacalmente. Questo, a dire la verità, è sempre stato un pallino dell’amministrazione: posti strategici, da dispensare a chi viene individuato dall’alto, ma non è detto che sia il più meritevole. Quello che accade per le posizioni organizzative, in perenne lievitazione. Venerdì pensavamo di trovarci di fronte la nuova delegazione trattante. Invece era anche presente l’intera direzione generale, che forse voleva verificare se i suoi surrogati
fossero in grado di sopravvivere alle escursioni pseudo-linguistiche, filo-letterarie e para-giuridiche della controparte. Quelli della delegazione trattante sembravano in effetti un po’ spaesati, presi tra due fuochi, insicuri di ciò che avrebbero potuto dire o fare. Non vorremmo essere nei loro panni, ma ci accontenteremmo dei loro stipendi! Verso la fine delle chiacchiere, il direttore amministrativo ha esordito citando il contratto collettivo. Secondo Giunta, le aziende possono fare ciò che vogliono e quando vogliono, essendo “aziende”. Fortuna che noi azienda non siamo; altrimenti gli stipendi ce li pagherebbe la cassa integrazione. Abbiamo allora chiarito, giusto perché si sappia che anche noi sappiamo leggere, che le amministrazioni possono mobilizzare il proprio personale, ma devono addurre motivi organizzativi. Come dire: non basta scrivere “per esigenze di servizio”. Se hanno tutti questi problemi a variegare i loro proclami, assumano qualche laureato in scienze della comunicazione. Sono quasi tutti disoccupati, costano meno di un avvocato, e di solito sono più simpatici. Altrimenti ricorrano a qualche altro consulente esterno, a botte di centinaia di migliaia di euro.

martedì 24 novembre 2009

MODIFICA GRADUAZIONE FUNZIONI POSIZIONI ORGANIZZATIVE

Con la deliberazione 595 del 2008, sono state individuate complessivamente n.67 posizioni organizzative, finanziate con il fondo incentivi. Ci risulta ne esistano però altre, finanziate con fondi diversi. Non si dovrebbe fare, ma alle Molinette si fa questo ed altro (come evidentemente risulta anche alla magistratura ed alla finanza). Il nostro bilancio è una specie di fisarmonica, ma solo nella fase dell’incremento degli spazi pieni d’aria fritta.
L’OSRU, che ha proposto la deliberazione, rileva una disponibilità di risorse, rese disponibili da pensionamenti e promozioni.
Naturalmente l’amministrazione non ipotizza neppure di restituire dette risorse allo sfondatissimo fondo incentivi, ma delibera (senza peraltro sentirsi in dovere di contrattarlo con i sindacati) di incrementare alcune posizioni organizzative già attivate.
I direttori di alcune SC si sono quindi fatti avanti, per rivendicare la contestuale e provvidenziale accresciuta professionalità di alcune loro PO, così denominate: 1-contenzioso giudiziale e stragiudiziale,
2-amministrazione di presidio, 3-corso di laurea in fisioterapia,
4-elaborazione dati assistenziali. Per le prime tre, i direttori hanno chiesto (ed ottenuto) l’incremento da 7000 ad 8500 euro. Per la posizione “elaborazione dati assistenziali”, il direttore responsabile si accontenta di 7000 euro! Le motivazioni dei suddetti incrementi sono più o meno le seguenti (cerchiamo di ridere per non piangere): aumentata complessità delle attività svolte, riorganizzazioni di questo e di quell’altro, aggiornamento di procedure in materia di qualunque cosa, implemento dell’impegno, per quanto attiene l’accesso, la documentazione, la privacy, i gruppi di studio, le riunioni continue e sovrapposte, l’elaborazione dei dati statistici (che fa fine e non impegna). Che altro dire? Lo fanno perché glielo lasciamo fare. Fanno bene a prendere i soldi dove sono, visto che la gente continua a dormire, ed a dare retta ai sindacalisti della mutua. Ne riparleremo quando dovremo tagliare, e non di poco, gli acconti e non solo i saldi della retribuzione di produttività.

venerdì 20 novembre 2009

CAVALLI DA GUERRA?

CAVALLI DA GUERRA?_20nov09
Venerdì, 13 marzo 2009 pubblicammo un volantino intitolato “QUANTO CI COSTI!!”, sottotitolo “Da 4 a 14 miliardi!!”, riferito all’ennesima ristrutturazione del reparto del Prof.Salizzoni.
Trattasi di pavimenti che sono collassati dopo quattro o cinque anni dalla posa in opera. La domanda che sorge spontanea è: in quel corridoio circolano persone, ed ogni tanto carrelli e letti muniti di ruote gommate, oppure trottano e galoppano cavalli da guerra da mezza tonnellata l’uno, con ferri borchiati inchiodati agli zoccoli? Qualora a casa nostra venissero eseguiti dei lavori terrificanti, come quelli in questione, citeremmo per danni i responsabili. Da noi alle Molinette no! Chi ha eseguito il collaudo tecnico-amministrativo? Chi, alla fine della filiera dei sub-appalti, ha fisicamente eseguito detti lavori? La CO.VE.CO., il Consorzio Ravennate, la ditta Orion? Tutti nomi che non ci siamo di certo inventati noi, ma si estrapolano da una moltitudine di atti deliberativi alquanto confusi. Sappiamo di un diverso utilizzo di fondi inizialmente stanziati per un eliporto! Pensate: alle Molinette ci mancava solo un eliporto! I direttori dei lavori, Desideri e Toscano, non si sono accorti che il materiale utilizzato non era in grado di reggere il peso e l’impeto dei suddetti “cavalli da guerra”? Ci era parso che il direttore amministrativo Dott.Giunta avesse dichiarato che “la ditta” avrebbe rifatto il pavimento, senza ulteriore esborso da parte nostra. Invece, con la determinazione D/98/2710/50/2009 “lavori urgenti di rimozione pavimento e sottofondo, con successivo ripristino” (responsabile del procedimento Ing.Chiaro) l’AOU S.Giovanni stanzia altri 371.490€. L’aggiudicataria Domus Moquette non è in possesso della attestazione SOA categoria OG1, classifica II, bensì della OG1, classifica I. Tuttavia il presidente della commissione di gara (Ing.Chiaro) ha ritenuto che la Domus Moquette (che ha offerto lo sconto del 21,5%) rientri nella deroga prevista dall’art.3 DPR 34/2000. I 371.490€ sono addebitati sul sottoconto 3.10.02.01 “manutenzione ordinaria in appalto ad immobili e loro pertinenze”. E questa, secondo loro, sarebbe manutenzione ordinaria?

mercoledì 18 novembre 2009

MARCHIONNE E GLI STABILIMENTI FIAT IN ITALIA

Premesso che FIAT e CHRYSLER assembleranno vetture partendo da pianali comuni, presto scopriremo se in Italia si realizzeranno quelli per le piccole, le medie e le grandi vetture, o nessuno di essi. Infatti Marchionne ha affermato che gli addetti brasiliani e polacchi producono un numero di auto doppio o triplo rispetto ai colleghi italiani. Non ha detto che polacchi e brasiliani presumibilmente sono pagati anche meno. Proporrà ai sindacati metalmeccanici italiani un adeguamento agli standard polacchi e brasiliani, oppure... A proposito del significato dei puntini di sospensione, Marchionne annuncia che a Mirafiori cesseranno le produzioni di Multipla, Idea e Musa; rimarrà solo la Mito. La riflessione che ci coglie è che non è che la Mito si venda come il pane, per cui forse (e ripetiamo scaramanticamente forse) Mirafiori rischia una contrazione. Tradotto: più cassa integrazione, più esuberi, altri buchi nella cintura (tirare la cinghia). Altri stabilimenti italici rischiano qualcosa o tutto, perché, secondo la spietata logica del mercato, i modelli che si vendono conviene assemblarli dove il costo del lavoro è minore. Ma forse il problema sottoproduttivo di Mirafiori non è escrivibile agli operai. I sindacati metalmeccanici dovrebbero essere in grado di analizzare i costi di tutto il personale, ed anche la distribuzione. Un suggerimento: attivare gli acquisti on line, e consegnare l'auto a domicilio, come si fa, ad esempio con i computer. Tagliare la filiera, passando dallo stabilimento all'utente. Personalizzare i modelli già nella fase finale della catena di montaggio. Colori, motori, numero di porte, optional. Quasi tutti questi ragionamenti sono però riferiti alle auto a combustione, che i petrolieri ed i loro amici continuano ad imporci. Le auto elettriche viceversa ci sono già: si vedano a titolo di esempio le vetturette che circolano sui campi da golf. Quelle si potrebbero spedire in scatola di montaggio, ed assemblare all'interno di una piccola officina. Non servirebbe neppure riconvertire le pompe di benzina: sarebbe sufficiente un garage ed un cavo elettrico.

martedì 10 novembre 2009

IMPIANTI ELETTRICI, MA NON SOLO

Il 29 settembre il direttore della SC Tecnico, Ing.Chiaro, determinava l'impegno di spesa di 237.604 euro per "esecuzione di verifiche periodiche su impianti elettrici presso i presidi aziendali AOU S.Giovanni Battista di Torino". Briciole rispetto ai 18 milioni di manutenzione che lo stesso Chiaro aveva determinato in precedenza. Diciotto milioni di euro! Quale direttore di SC ha mai determinato in proprio un tale esborso? Ora comprendiamo la dichiarazione di Galanzino, che, in occasione della recente visita della GdF, ha difeso a spada tratta l'operato del suo direttore tecnico. Contento lui! Del resto Chiaro deve essere veramente bravo, per essere sopravvissuto ad Odasso, Rabino, Rosso e finanche Tabasso. Naturalmente la dismissione della manutenzione interna rientrava nei programmi della destra (gli uomini del Pres), prima ancora che in quelli della sinistra (i post operaisti). Chiaro non poteva fare tutto da solo, e, qualunque cosa abbia fatto, i suoi capi non potevano non sapere. Nella determinazione da 237.604 euro, Chiaro ha ricoperto altresì il ruolo di responsabile di procedimento. Le suddette verifiche periodiche sono così state assegnate alla ditta Foresto, di Moncalieri, che ha offerto un ribasso del 20,3%! Dato l'oggetto della determinazione, verrebbe da pensare che in azienda manchino gli elettricisti. O forse gli elettricisti che avevamo si sono evoluti come i Pockemon, ed ora fanno i progettisti, come praticamente tutti alla SC Tecnico. Siamo contenti che l'aria delle Molinette abbia questo effetto sugli elettricisti e su tutti gli altri operatori tecnici, ma non potevamo tenercene qualcuno ad operare sul campo? Non conosciamo la ditta Foresto, e non dubitiamo della loro competenza, ma la Ditta Foresto di sicuro non conosce le Molinette, per non parlare degli altri presidi. Tempo fa, un elettricista prossimo alla pensione riferì quanto fosse complicato districarsi tra i cablaggi e le cabine elettriche. L'ospedale Molinette è percorso da un numero imprecisato di chilometri di cavi in strati sovrapposti, che se analizzati possono dare una vaga idea dell'anzianità della struttura. Temiamo che lo SGAS stia altrettanto male. Avevamo proprio bisogno dell'ennesima furbata, consistente nell'affidare la verifica degli impianti elettrici ad una ditta esterna? Galanzino e Giunta sono al “corrente” (per rimanere in argomento) della situazione? Sanno che molte delle apparecchiature elettromedicali funzionano ad energia elettrica, e non a carbonella o a metano? Si informino in Direzione Sanitaria.

lunedì 9 novembre 2009

LA FINIAMO CON QUESTE PAGLIACCIATE?

In premessa dobbiamo dire che, in effetti, il termine “pagliacciata”in Italia assume una connotazione piuttosto generica: ne abbiamo in quantità industriale, in settori vari e disparati. Non siamo esattamente un popolo che apprezza la serietà. Si rende quindi necessario specificare di quale pagliacciata si tratta: un quarantasettenne foggiano, denunciato e condannato per stalking, è evaso dagli arresti domiciliari, si è recato a Montesilvano, dove ha sparato alla sua ex ed all'uomo che l'accompagnava. Il delinquente Michele Lambiase era per così dire “recluso” a Foggia, a casa della sorella! Come mai deteneva una pistola, seppur piccola? Come mai nessuno lo sorvegliava? Neppure una web cam puntata sull'abitazione della sorella? Oppure la casa della sorella ha più uscite della bat-caverna? Il tizio si è messo una parrucca, ed è uscito indisturbato. Una parrucca! I signori poliziotti e carabinieri dove diavolo erano? O forse il signor giudice, che aveva deciso per quella forma educata di reclusione, pensava di avere a che fare con un vero gentleman? Forse in Italia non tutti i giudici sono “toghe rosse”, ma quelli di destra sono di sicuro più “forcaioli” di quelli di sinistra, e non consentono che la giustizia venga presa in giro in questo modo.Tanto più che non è la prima volta che un ex marito o ex fidanzato ammazza impunemente una o anche due ex mogli o ex fidanzate. Ce lo dicano i signori giudici se vogliono che giriamo con la lupara a tracolla, per farci giustizia da soli, visto che loro sono di manica così larga con i delinquenti. Fortuna che il teppista aveva solo una 7.65, e quella pistola non è un gran che. Solo per quel motivo i due, sebbene colpiti al volto (lei) ed all'addome (lui), sono sopravvissuti. Lei è sfigurata e lui ha perso un rene.Ora sono ricoverati e guardati a vista. Chiudiamo la stalla dopo che i buoi sono andati a spasso. Ed a spasso è andato Lambiase, subito dopo il tentato omicidio. Così, con tranquillità, come se fosse sicuro che la legge in Italia stia dalla parte dei delinquenti. La sua ex aveva commesso il solo errore di farsi trovare in auto con un altro uomo. Ora sa che doveva vivere reclusa. Lei sì, lui no. La legge contro lo stalking c'è, ma si vede che poliziotti, carabinieri e magistrati non conoscono l'inglese.

giovedì 29 ottobre 2009

Due accordi, uno più fasullo dell'altro

La contrattazione sindacale di ieri alle Molinette si è aperta con uno spettacolo a dir poco penoso: un sindacalista della CISL che pretendeva di anteporre un argomento di discussione agli altri già in scaletta. Nessuno dei presenti si è detto contrario a parlare della legge Merloni, ma non possiamo accettare che arrivi uno, che sembra reduce da una sniffata di naftalina, e ci imponga la sua volontà. Dovesse passare questo modo di operare, basterebbe impazzire a turno, per parlare solo ed esclusivamente degli affarazzi nostri. Noi della FSI siamo stati i primi ad uscire: se voleva straparlare, lo facesse da solo. Poi sono usciti anche gli altri, ed il tizio, accortosi che nessuno lo ascoltava, ha finalmente smesso di emettere il suo vociare fastidioso. La Merloni è stata spostata d'ufficio dopo i punti già preventivati. Abbiamo però perso circa un'ora e mezza, ed in futuro dovremo adottare solleciti provvedimenti al fine di contrastare simili manifestazioni di intolleranza alla logica ed al rispetto. Poi però ci siamo tuffati nel vivo della contrattazione: la decurtazione degli incentivi. Decurtare gli incentivi dei lavoratori non è una cosa facile da digerire, ma l'amministrazione ci ha proposto di tagliarli prevalentemente alla colleghe in maternità. Fare cassa sulle maternità ci sembra una cosa meschina, tanto più che l'azienda continua ad estorcerci cinquecentomila euro in posizioni organizzative, pressoché prive di logica funzionale. Noi della FSI non abbiamo firmato perché non serve alcun accordo per recepire una legge dello Stato. Dovevano recepirla dall'inizio, senza atteggiarsi a repubblica delle banane. Ora però se l'accordo raggiungerà il quorum delle firme, a qualcuno verranno restituite somme trattenute in maniera che retroattivamente viene definita indebita. Soldi che contribuiranno a sfondare il fondo incentivi. Una cura peggiore della malattia. Confusione che si sussegue a confusione. Accordi scritti male, ed interpretati peggio. Come se non bastasse, ci sono aggiunte prodotte di pugno da sindacalisti che con la lingua italiana litigano spesso e volentieri. Di sicuro non finisce qui con gli incentivi, perché presto dovremo stabilire chi siano quelli che secondo Brunetta non producono, quindi non meritano. A proposito della legge Merloni, l'azienda non ci ha detto a quanto ammonta la cifra, e tra chi ed in che modo sarà suddivisa. Di sicuro sappiamo che, a fronte di progettazioni interne inesistenti, sono state accantonate grosse cifre, che ora saranno elargite ai colleghi della SC Tecnico. Visto che l'azienda ed i sindacati CGIL e UIL non hanno voluto ridiscutere il regolamento, gli operai incasseranno collettivamente una quota bassissima. Per contro, ci saranno pochi, dirigenti e funzionari, che faranno la parte del leone. CGIL e UIL hanno insistito per pagare subito e tutto, secondo uno schema che è quanto meno discutibile.

venerdì 23 ottobre 2009

I REQUISITI DI UN DIRETTORE GENERALE

Il testo che segue è tratto da un bando della Regione Emilia Romagna, e concerne i requisiti necessari ad accedere alla selezione per l'ambitissimo e molto ben retribuito posto di Direttore Generale di azienda sanitaria.
Gli aspiranti devono essere in possesso dei seguenti requisiti: a) diploma di laurea; b) esperienza almeno quinquennale di direzione tecnica o amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche o private, in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, svolta nei dieci anni precedenti la pubblicazione del presente avviso.
Questo è quanto prevede la normativa vigente: una laurea qualsiasi ed un'esperienza alquanto vaga "in posizione dirigenziale". Si potrebbe eccepire che sarebbe il caso di pretendere una laurea specifica, accompagnata da un perfezionamento serio in gestione aziendale. Notiamo che i medici non se la cavano male nel dirigere gli ospedali, e questa sembra la scoperta dell'acqua calda. Altri laureati forse non sono altrettanto preparati. In particolare, non è detto che un avvocato malriuscito sia un bravo organizzatore ed un bravo ordinatore di spesa. Il medico deve comunque studiare seriamente come si gestisca un'azienda vera, anche se poi si troverà il più delle volte a dirigerne una fasulla. Un'azienda vera ha un vincolo di bilancio, che le ASL/ASO/AOU hanno solo sulla carta. Invece accade che la normativa vigente lasci campo libero ai partiti politici, che infilano chi vogliono nelle larghe maglie di una selezione inesistente. Mancando il filtro professionale, in senso stretto, si impone l'ordine di scuderia di partito. Del resto questi sedicenti mega-direttori non corrono grossi rischi di essere defenestrati, essendo di fatto inesistenti i controlli esercitati dalle Regioni, che ripianano tutti i debiti, comunque siano stati contratti. Tanto paga pantalone. Poi bisogna considerare che ci sono le Regioni più virtuose. La sanità in Italia infatti viaggia non a due ma ad una ventina di velocità: bisogna aver fortuna di capitare bene, perché il trattamento non è assolutamente uniforme sul territorio nazionale. Esiste pure il rischio di lasciarci le penne, finendo sotto le grinfie di veri cani in camice bianco. E senza avercela con i simpatici quadrupedi.

CONTRAPPASSO MOLINETTIANO

Dopo aver trasmutato, nel corso di due distinte tornate concorsuali, fabbri ed elettricisti in assistenti e collaboratori tecnici, la ditta Molinette si è vista infine costrettaa bandire un concorso per assumere dei collaboratori tecnici veri. LeMolinette infatti cerca ingegneri, da collocare in Ingegneria Clinica; ingegneri in Ingegneria: lo dice il nome stesso. Detti ingegneri verranno collocati in categoria D, che è la stessa usurpata dai suddetti operai pluripromossi. Si troveranno quindi sotto braccio in D, gli ingegneri, i fabbri e gli elettricisti, in una commistione difficile se non impossibile da comprendere. Un abbattimento verso il basso, senza nulla togliere ai fabbri ed agli elettricisti. Ma perché i fabbri e gli elettricisti non fanno quel che sono capaci a fare, e non lasciano il posto di assistente e collaboratore tecnico a veri diplomati, geometri e periti, e veri laureati, architetti ed ingegneri? Come siamo pervenuti a questo assurdo? Per quanto possa sembrare sconvolgente, è bastato, da parte sindacale, pretendere che venisse dato tutto a tutti, e l´amministrazione ha semplicemente detto sì! I sindacalisti non devono necessariamente disporre e manifestare un senso morale, e neppure i dirigenti pubblici, ma questi ultimi dovrebbero se non altro fare attenzione ai bilanci delle cosiddette"aziende" che dirigono ("dirigono" si fa per dire). I dirigenti dovrebbero seguire master post-laurea in gestione aziendale. Molti lo hanno fatto (almeno sulla carta), ma viene da pensare che la Bocconi e la SdA le abbiano viste da fuori. Analizzando meglio il fenomeno, notiamo che (guarda caso) tra i pluripromossi ci sono molti sindacalisti. Sarebbe come affermare che i sindacalisti facciano le trattative in primis per sistemare se stessi, le mogli, le amanti, i fratelli, le sorelle, le nipoti, e chi più ne ha, più ne metta. Come se i parlamentari di destra e di sinistra, che litigano anche sul colore dei calzini, si mettessero d´accordo nell´aumentarsi lo stipendio di oltre mille euro mensili! In effetti purtroppo queste cose in Italia accadono. I parlamentari sono peggio dei sindacalisti, ma i dirigenti pubblici sono i soli responsabili legali dei buchi di bilancio. Questo abbrutimento dell´assistente e del collaboratore tecnico ha lo scopo di dover per forza ricorrere alle ditte esterne. Poi però le Molinette continua a fingere che esistano ancora progettisti interni, anzi che addirittura il loro numero sia aumentato rispetto ad un passato non lontano, nel quale per diventare assistente tecnico necessitava un diploma specifico, non"preso" con i punti, o cinque anni concentrati in un mese. Inoltre c´era l´esame di Stato. Crediamo che l´esame di Stato ci sia ancora, ma per la ditta Molinette è aria fritta. Non possiamo che augurare buona fortuna ai nuovi ingegneri, sperando che non finiscano, per un contrappasso molinettiano, a fare i fabbri o gli elettricisti.

martedì 20 ottobre 2009

Tremonti e Brunetta

Grande agitazione ha suscitato il buon Tremonti, affermando che il posto fisso garantisce alle persone una certezza che non si può viceversa ottenere con le occupazioni cosiddette “flessibili”. I sindacati tutti gli hanno ovviamente dato ragione. Qualcuno ha addirittura detto che: “è uno di noi”. Sul fronte opposto, la Marcegaglia ed il ministrino Brunetta hanno catalogato l’esternazione di Tremonti come arretrata e disfunzionale. In effetti Tremonti, ministro dell’economia di Berlusconi, ha detto una cosa che ha sorpassato a sinistra tutto ciò che stanno dicendo i tre aspiranti segretari del PD. Figuriamoci che l’attuale segretario del PD è addirittura impantanato in una polemica sul colore dei calzini! La Marcegaglia, essendo la presidente degli industriali, è stata in qualche modo costretta a dire quel che ha detto; è chiaro che a loro il lavoro flessibile, cioè sfruttato, serve non poco. Più divertente lo scontro a distanza tra Tremonti e Brunetta; il primo ha sempre dato l’impressione di essere un pianificatore macroeconomico, estroso e creativo, mentre il secondo si accanisce contro i lavoratori dipendenti pubblici, fagnani veri e presunti. Tremonti ha addirittura parlato male dei banchieri e degli economisti. Dovendo scegliere tra Tremonti e Brunetta, Berlusconi probabilmente affosserebbe il secondo, e non solo per l’aspetto gnomico (o gnomesco). Tornando al lavoro flessibile, l’uscita di Tremonti sputtana (ora si può dire) tutte le chiacchiere messe in giro da quei rompicoglioni dei giuslavoristi, morti ammazzati e non. Solo in teoria il lavoro flessibile è una genialata. In realtà i ragazzi e le ragazze invecchiano nell’incertezza, inciampando in lavori più che precari e più che provvisori. Il lavoro flessibile funzionerebbe se esistessero procacciatori di lavoro che non abbiano come unico scopo il lucro spietato. Visto che invece siamo nella patria dei furbetti del quartierino, il lavoro flessibile è solo un pacco. Viva Tremonti, abbasso Brunetta. Berlusca, fallo per noi: licenzia il ministrino!

lunedì 19 ottobre 2009

OPERAZIONE TRASPARENZA?

OPERAZIONE TRASPARENZA?
Le legge 69/2009 (art.21) impone alle pubbliche amministrazioni di pubblicare i redditi annuali dei dirigenti, oltre ai curricula (che sono sovente fonte di riflessione per i lettori). Come dicevamo, l'AOU S.Giovanni si è dovuta adeguare, ed ha pubblicato un elenco molto parziale sul proprio sito aziendale. Ma su “Operazione trasparenza” non sono computate le tredicesime! Come mai? Che i dirigenti le devolvano in beneficenza? Quasi tutti i direttori delle SC amministrative denunciano un reddito di 77.839€. Alcuni però non denunciano alcunché. Due direttrici di dipartimento su tre denunciano 91.839€, comprensivi di un non meglio specificato "altro" di ben 22.780€. La terza direttrice di dipartimento si deve ancora esprimere. I direttori delle SC amministrative percepiscono viceversa un "altro" di soli 11.320€. Dato che sul sito si parla di “trasparenza, sarebbe il caso di spiegare cosa trovi posto in “altro”. Tra i medici più o meno praticanti ci sono degli “altro” abbastanza impressionanti, che superano i 40.000€! Mancano per ora un sacco di nomi più o meno illustri, alquanto restii a vuotare il sacco (ad esempio, quasi tutti i dermatologi). Davini dichiara 123.960€, Giunta 148.739€, Galanzino 185.924€. Solo Giunta tra i tre mega direttori ha meritato (si è attribuito) un premio di risultato (24.790€) come dire che gli altri due si sono accorti del buco di bilancio, e non sembrava loro il caso di considerarlo un fiore all'occhiello. Per cui si sono accontentati di quei quattro soldi. Strano che tutti gli altri direttori il premio di risultato lo abbiano ottenuto, come se a sfasciare tutto fossero bastati quei tre, anzi due. La ditta dichiara di avere in carico 5.640 dipendenti, quindi ci sarebbero più di 1.300 dirigenti, corresponsabili di un dissesto finanziario che veleggia verso i cento milioni di euro nel 2009. Questo sì che è un risultato, ma saremmo tentati di definirlo negativo. Nel privato (banche a parte) i dirigenti non sono premiati quando fanno buchi nell'acqua. Il deficit preventivabile ammonterebbe a più di un sesto dell'intero fatturato, Ma andiamo avanti così, che ci sono ancora margini di peggioramento.

venerdì 9 ottobre 2009

IL PUNTO SU MOBILITÀ E COORDINAMENTI

La contrattazione di lunedì scorso si è aperta con una ritrattazione di quasi tutti i confederali sui contenuti del regolamento della mobilità volontaria. Come è noto, l'amministrazione sta adoperando un documento predisposto da una commissione paritetica come se avesse superato il vaglio del tavolo sindacale. Cosa che non è avvenuta. Quella commissione ha peraltro inibito la mobilità dei coordinatori Ds, creando non poche difficoltà ai colleghi privi del master. Possono cambiare posto di lavoro, ma decadono dall'incarico di coordinamento. Prima cosa da fare: trattare seriamente sulla mobilità del personale, specie quella interna ai dipartimenti. Coll'invenzione dei RAD, e la conseguente regalia di nuove posizioni organizzative, peraltro non contrattate come tutte le altre, il personale amministrativo operante nei dipartimenti assistenziali è vessato da capi e capetti, senza sapere a chi dare retta. L'accordo firmato lunedì riguarda i coordinatori con e senza master. Questi ultimi avranno ora il tempo di mettersi in regola, evitando fastidiose degradazioni di massa. Poi ci sono da considerare i numerosissimi Ds sanitari ancora da collocare. Si sono sentiti dire di aspettare, ma cosa? Noi al SITRA abbiamo chiesto e non ancora ottenuto l'elenco completo di tutti i coordinamenti sanitari. Posti di che tipo, coperti da chi, ed a che titolo. Il nostro intento è di fare chiarezza, non clientela, ed in ciò la Federazione Sindacati Indipendenti prende le distanze dalle “concertazioni” di CGIL, CISL e UIL.

martedì 6 ottobre 2009

INCENTIVI ANNO 2009, NUOVO TAGLIO

PROPOSTA AZIENDALE DI ULTERIORE TAGLIO AI PREMI
PER LA PRODUTTIVITA’ COLLETTIVA ANNO 2009
Per l’anno 2009, a decorrere dal 01/07/2009, per effetto della Legge, 03/08/2009, n 102, art.17, comma 23, con la quale viene convertito in legge il D.L. 01/07/2009, n 78, e conseguentemente viene abrogato il comma 5 dell’art. 71, della Legge 06/08/2009 n 113, di conversione del d.l. n.112 del 25/06/2008, le parti concordano che, oltre alle decurtazioni direttamente disposte dalla Legge n 133/2009, stessa , art. 71, 1° comma, in merito alla
retribuzione accessoria nei primi dieci giorni di assenza per malattia (fatte salve le eccezioni disposte dalla legge stessa e dalle circolari esplicative direttamente emanate dal ministero), i premi per la produttività collettiva non saranno erogati anche e solo, per tutte le restanti assenze dal servizio che comportano la non corresponsione del c.d. “ trattamento economico fondamentale”, ovvero, la sua attribuzione in misura ridotta. Per i periodi di assenza obbligatoria o comunque, retribuita al 100%, per maternità, si conferma l’attribuzione del 30% della quota spettante.
QUINDI:
GLI INCENTIVI NON SARANNO EROGATI PER LE ASSENZE DAL SERVIZIO CHE COMPORTANO L'ATTRIBUZIONE IN MISURA RIDOTTA DEL TRATTAMENTO ECONOMICO FONDAMENTALE.
EVIDENTEMENTE L'AMMINISTRAZIONE HA BISOGNO DI FARE CASSA, NON ESSENDO IN GRADO DI GARANTIRE IL SALDO INCENTIVI DEL PROSSIMO ANNO.
RICORDIAMO CHE NON ESISTE ACCORDO SINDACALE SUI FONDI CONTRATTUALI 2008 E 2009, MA LA DITTA CONTINUA A REGALARE 500 MILA EURO IN POSIZIONI ORGANIZZATIVE:
UN SINDACATO “GIALLO”, CHE CONTA SU OLTRE 4000 INCONSAPEVOLI FINANZIATORI, CHE DONANO MENSILMENTE ALLE P.O. UNA DECINA DI EURO!!!

sabato 3 ottobre 2009

Il continuo abuso del termine "tragedia"

La famiglia, la scuola, la tv non insegnano agli italiani a contenersi nel definire tragedia ogni disastro, disfunzione, incidente o attentato. La tv è viceversa la prima a straparlare di tragedie. Volessimo assecondare il loro modo di esprimersi, dovremmo affermare che proprio il loro modo di raccontare i fatti è una tragedia. Come lo è che molti giornalisti, incapaci di adoperare il dizionario, siano strapagati con denaro pubblico. Quello che è successo in questi giorni in Sicilia è una tragedia? Certo che l'isola ci ha abituati a situazioni un po' anomale, se rapportate agli standard dell'occidente. A Messina, piogge torrenziali hanno fatto franare un pezzo di montagna, addosso al sottostante paese. Ci sono stati dei morti (ben 21), altrimenti non farebbe notizia. Non è peraltro detto che noi italiani apprendiamo dall'esperienza, neppure se ci scappa il morto. Un occidentale diverso da un italiano avrebbe parlato di piano regolatore fatto da cani, di amministratori da sbattere in galera, e di una complessiva mentalità profondamente idiota. Parliamo di una idiozia tricolore, bianca, rossa e verde; perché a Sarno non era successa la stessa cosa? L'Europa ci guarda e scuote il capo rassegnata: quando impareremo che costruire negli alvei dei torrenti ed in zone soggette alle frane è da fessi e non da furbi? Il presidente della giunta regionale siciliana punta il dito contro un malcostume diffuso. Ma dimentica di essere a capo di tutta la baracca, quindi responsabile magari indiretto dell'accaduto. La Sicilia è la più autonoma tra le regioni autonome; ha addirittura un parlamento e dei parlamentari. Gradiremmo, essendo trascorsi quasi centocinquanta anni dall'unità d'Italia, che da quelle parti funzionasse qualcosa (oltre alla mafia, ovviamente). I siciliani protestano sommessamente anche ora, coltivando una rassegnazione molto poco occidentale. Del resto quella classe politica altamente incapace l'hanno eletta loro, o no?

venerdì 2 ottobre 2009

I COSIDDETTI "ESPERTI IN TERREMOTI"

La prima cosa da dire sugli esperti in terremoti è che prevedono il presente, non il futuro. Ci avvisano di un terremoto in corso, non di uno che verrà. Per quel che concerne le previsioni, gli esperti in terremoti predispongono mappe, che segnalano la sismicità del territorio, in base al pregresso. Bella scoperta che tutto l'Appennino sia sismico. Anche senza aver studiato scienze della terra, basta avere un minimo di memoria. La seconda cosa da dire è che gli esperti in terremoti negano che i terremoti si estendano a migliaia di chilometri dall'epicentro. Negano quasi sempre che i terremoti siano i papà degli tsunami; ma la volta in cui comunicano al mondo un probabile tsunami, lo tsunami non si fa vedere. Tutto questo gran lavorìo di cervelli e di lingue ci induce a progettare le case su molle, ma ci dovrebbe anche convincere a non perdere tempo a ristrutturare le città colpite massicciamente da un sisma. Costerebbe molto meno abbattere L'Aquila, e ricostruirla secondo criteri antisismici (cioè su molle). Come mai detti esperti delle ondulazioni e dei sussulti negano che le masse continentali, proprio perché galleggiano sul magma, siano a stretto contatto, e trasmettano l'energia del sisma a distanze colossali? In tv hanno trasmesso un servizio su un intagliatore in legno, che sosteneva di saper prevedere i terremoti. Pare che in effetti sia riuscito ad imbroccarne qualcuno, prima che avvenisse. Dopo son capaci tutti. Il tizio però non era uno scienziato, ma un autodidatta, e gli esperti in terremoti sono riusciti ad impedirgli di diffondere la sua convinzione blasfema. Ora che il tizio è morto, nessun falegname attenta più alla torre d'avorio dei constatatori di terremoti. E loro possono consolare i sopravvissuti con dati utilissimi come: l'intensità, la profondità e la durata della scossa. Se non fossero grandi scienziati, potrebbero formulare profezie tipo quelle di Nostradamus: poesia più che prosa, con contenuti talmente vaghi da prestarsi a qualunque interpretazione postuma.

LICENZIATELI IN TRONCO!

Risulta, da accertamenti di cassa effettuati con il solito ritardo di tre mesi, che il deficit della sanità piemontese sia ulteriormente cresciuto, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Pare altresì di capire che l'AOU G.Giovanni sia responsabile di almeno un terzo dell'intero dissesto. Se continuano a buttare i soldi in questo modo, a fine anno le Molinette potrebbe toccare e magari superare la soglia dei cento milioni di euro! Ci rendiamo conto che, per quelli di noi che sono cresciuti in mezzo alle lire, cento milioni non suoni altrettanto tragico di duecento miliardi, ma si tratta di una colossale dimostrazione di incompetenza gestionale, oppure l'AOU S.Giovanni è stata colpita da tale e tanta sfiga da giustificare un buco che avrebbe causato il fallimento di moltissime aziende vere. Fortuna che noi lavoriamo per un'azienda finta, che attinge a piene mani dal denaro pubblico. E, come si suol dire, alla fine paga Pantalone. Fortuna che il centro-destra non riesce a fare opposizione; altrimenti avrebbero già chiesto da tempo il licenziamento in tronco della direzione generale delle Molinette, e di tutti i direttori e direttorini che ad essa ruotano caoticamente attorno. Ci riesce difficile credere che la struttura complessa Tecnico commissioni una massiccia manutenzione di tutta la baracca, senza avvisare Galanzino e soci. La Regione potrebbe, o magari dovrebbe, tra una chiacchiera e l'altra, mandare qualche ispettore da queste parti, se non altro per appurare cosa comprenda la massiccia super-manutenzione a lotti, del costo di diciotto milioni. Diciotto milioni che non suonano altrettanto tragici di trentacinque-trentasei miliardi. Speriamo che poi, a manutenzione conclusa, non decidano di abbattere le Molinette, per spostare il poco rimasto in qualche prato di Grugliasco. Il commissariamento delle Molinette potrebbe essere una soluzione, ma dovrebbero nominare un commissario di polizia, di quelli buoni!

giovedì 24 settembre 2009

TECNICI FASULLI E TANTE DITTE

Se facciamo un'analisi comparata tra quel che era l'Ufficio Tecnico delle Molinette e quel che è, ci rendiamo in effetti conto della crescita esponenziale delle ditte esterne, alle quali è devoluta tutta o quasi tutta la manutenzione dell'ospedale. Notiamo altresì quanto siano aumentati, ma solo in termini numerici, i cosiddetti "tecnici" dipendenti del comparto sanità, che lavorano appunto nell'attuale Ufficio Tecnico, che ora è Struttura Complessa. Anche questo particolare dovrebbe scatenare grasse risate: prima, ai tempi pre-Odasso, alle Molinette c'era una moltitudine di operai, ora li contiamo sulle dita di due mani. Prima c'era l'Ufficio Tecnico, ora c'è la Struttura Complessa Tecnico. Meno lavoro, ma un nome molto più altisonante. Circa dieci anni or sono, per fare l'assistente tecnico necessitava un diploma di perito o di geometra, nonché l'iscrizione all'albo. Ora, dopo Odasso, Monchiero e Galanzino, ci troviamo con assistenti tecnici corredati di qualsiasi diploma, o anche di nessun diploma. L'evoluzione dell'assistente tecnico è il collaboratore tecnico. Il titolo richiesto per fare il collaboratore tecnico è la laurea, ma non una qualsiasi: architettura o ingegneria. Forse potrebbe starci qualche geologo e qualche informatico laureato. Attualmente tra i collaboratori tecnici dell'altisonante Struttura Complessa Tecnico ci sono diplomati alle magistrali. Quindi ci chiediamo che ci azzecca? Evolvere sindacalmente elettricisti, fabbri, falegnami, muratori, tubisti, decoratori significa derogare alle norme contrattuali, che prescrivono una conoscenza specifica teorico-pratica, che non è ottenibile facendo cose diverse dal geometra o dal perito. In più si penalizzano quanti sono veramente diplomati in quel che ci vuole, ed addirittura hanno superato l'esame di Stato. Premiamo i furbastri e penalizziamo quelli che seguono le regole? Così pare. Gli ordini professionali dei geometri e dei periti che ci stanno a fare, se non riescono a difendere i posti di lavoro riservati ai loro associati? Le aziende pubbliche, infarcite di tecnici fasulli devono per forza rivolgersi all'esterno. Non potrebbero fare progettare solette o impianti a gente che non ha studiato tecnica delle costruzioni o tecnologia elettrotecnica, per dirne solo due. A casa nostra ci teniamo a far fare le ristrutturazioni a gente che sappia cosa fa, non al primo pellegrino che passa per la strada. Invece nell'ente pubblico si gioca allo sfascio. Così si può fare ricorso alle ditte esterne, previa consulenza dei soliti noti, a botte di centinaia di migliaia di euro. Eppure noi alle Molinette avevamo qualcuno in grado di progettare. Che fine hanno fatto? Sono stati disintegrati professionalmente da tutta quella masnada di ex operai sindacalizzati? Notare che costoro tornano operai solo quando sono in ballo le reperibilità. Collaboratori tecnici tornano ad essere manutentori, ma il più delle volte solo per telefono, giusto per incassare anche quei quattro soldini in più.

venerdì 18 settembre 2009

IL LINCE

Ieri, 17 settembre 2009, sei militari italiani sono stati assassinati in Afghanistan. L'esplosivo impiegato dai terroristi ha avuto la meglio sulla blindatura leggera del veicolo Lince sul quale viaggiavano. Finora il Lince aveva retto abbastanza bene contro le armi leggere, ma si era già reso necessario un ritocco strutturale, per resistere contro le mine anticarro. In fondo il Lince è un camion dell'Iveco, che pesa poche tonnellate; non è un un autoblindo, ed è impiegato in zone dove dovrebbero circolare carri armati dalle trenta tonnellate in su. Spiace dire che ci deve scappare il morto (in questo casi sei) prima che certa gente si dia una mossa. Il Lince dovrebbe essere affiancato o sostituito dal Freccia, che si suppone sia in grado di meglio opporsi alla teppaglia talebana, ed alla sua bassa tecnologia. Sia nel caso in cui il Lince sia investito dall'esplosione di un auto bomba, o colpito da un proiettile anticarro, il suo equipaggio sarebbe comunque spacciato. Che il Lince sappia districarsi abilmente nel traffico di Kabul ci lascia indifferenti: non deve mica fare le corse ad ostacoli. Analizzando i motivi per i quali anche i nostri militari si trovano all'estero, rimane difficile da credere che stiano difendendo la patria. Questo antiquato modo di esprimersi è una specie di spot per menti semplici. La patria la difendi quando qualcuno ti invade, non quando vai a casa sua. Che i nostri militari siano in Afghanistan per combattere il terrorismo è più credibile e logico. Che ci si appresti al disimpegno, dopo avere addestrato un esercito ed una polizia locali, è accettabile. Che i militari di truppa lo facciano per denaro, e non per esportare la democrazia è un dato di fatto. Il militare di truppa rischia la vita, e deve essere ben retribuito; ma, se potesse trovare un lavoro altrettanto retribuito in Italia, ci tornerebbe di corsa. I militari di truppa sono quelli che un tempo si chiamavano proletari. Gente di famiglia povera, o comunque non ricca; non super-eroi pronti a qualunque sacrificio, a prescindere dalle esigenze e dalle aspettative della vita reale. Trattiamoli meglio questi militari di truppa, funerali di Stato a parte. Evitiamo che ce li ammazzino. Meno male che, in questa occasione, nessun idiota ha inneggiato alla morte dei nostri compatrioti, come viceversa avvenne con i carabinieri assassinati in Irak. Credono, quei fessi bruciacassonetti ora extraparlamentari, che ci siamo dimenticati di quando scandivano l'infame slogan "10, 100, 1000 Nasiriya"?

lunedì 14 settembre 2009

FINI IL TRISTE

Dopo parecchi mesi, si è finalmente accorto anche lui del pacco che gli hanno tirato: la presidenza della Camera conta poco o niente. Si tratta della terza carica istituzionale dello Stato, quindi Fini sostituirebbe Napolitano, ma solo se anche Schifani stesse male. Pochi, dopo essere stati presidenti della Camera, sono tornati alla politica attiva. Alla presidenza della Camera, ci mettono qualcuno a cui dare qualcosa per un massimo di cinque anni. Fini in cambio ha regalato il suo partito, Alleanza Nazionale, a Berlusconi, che, per evitare ripensamenti, lo ha disciolto in Forza Italia. Ora Fini parla come il quarto candidato alla segreteria dell'inutile PD. Vorrebbe dare il voto ai cosiddetti "migranti", e la Lega tira fuori le mannaie. Casini, che da presidente della Camera non aveva dato via il partito, vorrebbe buttar fuori la Lega. Fuori da cosa? Come fai a buttar fuori qualcuno da qualcosa di cui non sei parte integrante? Fini ha chiesto aiuto a Napolitano: un ex fascista che va a piangere da un ex comunista. Berlusconi non c'era, perché stava dove il popolo italiano lo aspettava: al funerale di Mike Bongiorno. Un uomo contrario alle cialtronate in tv: ecco perché gli era rimasta solo la pubblicità con Fiorello. Fini piace a pochi o addirittura a nessuno; Berlusconi si esalta pubblicamente, sminuendo De Gasperi, Mussolini, Craxi ed Andreotti. Tanto gli italiani non conoscono la storia, perché la gran parte di questo popolo di navigatori da canotto consulta a malapena, e con fatica, le guide telefoniche. Ma Berlusconi continua a fare audience, mentre Fini si accontenta di prendere il sole. Fini è un freddo, un passacarte, uno che comunica tristezza solo a guardarlo in faccia. Berlusconi è un ottimista nato, e finora ha avuto ragione ad esserlo. Quelli della Lega dovrebbero essere scemi a fare cadere il governo, e loro, coreografie padane ed ampollistiche a parte, scemi non sono.

mercoledì 9 settembre 2009

OPERATORI SANITARI CON SCARSA VOCAZIONE

La normativa vigente consente alle aziende sanitarie di assumere con una certa libertà operatori socio sanitari o infermieri. Per tutte le altre qualifiche, esistono diversi vincoli. I vincoli in questione però si aggirano piuttosto facilmente. Un numero imprecisato, ma sorprendentemente alto di operatori socio sanitari e di infermieri subisce, nel breve periodo, una trasformazione alchemica che ce li restituisce come impiegati o altri passacarte non meglio identificati. Gente che sta benissimo di salute non ce la fa proprio più a stare in reparto con i degenti. Ci sono anche quegli infermieri ed oss che in reparto non ci sono mai stati, ma non ce la fanno più lo stesso. Allora, grazie alla gravissima connivenza delle amministrazioni, costoro dismettono l'odiata e poco usata casacca, per indossare gli abiti civili. Facciamo fior di costosi concorsi, per assumere qualcuno che si curi degli ammalati, poi, come un colabrodo, un numero imprecisato dei nuove leve lascia la mansione specifica e migra. Ovviamente serve un appoggio sindacale grosso come una casa, e dirigenti assolutamente fuori controllo: il caso delle Molinette di Torino. Questo ospedale vagamente partenopeo, sebbene si trovi da più di settanta anni a Torino, mostra una fame atavica di addetti all'assistenza, poi però quasi altrettanto facilmente si rende conto di avere scherzato. Recentemente sono stati stabilizzati circa cento precari amministrativi, quindi non si può asserire che gli impiegati ci mancano. Ma chi se ne frega: basta inventare nuovi uffici, se non addirittura intere strutture complesse. Il fatto di aver scritto "strutture complesse" minuscolo non è mancanza di rispetto: diciamo piuttosto che di complesso hanno poco o niente. Questa escalation di impiegatizzazione rientra in quell'approccio filo partenopeo di cui sopra: aggiungi un posto a tavola, che da mangiare ce n'è per tutti. E i reparti? Prossimamente alle Molinette rischia l'esistenza più di un reparto di degenza, come se non ci fossero più malati e neppure liste d'attesa. La gente dovrebbe lamentarsi di questo calo di tensione lavorativa, ma il popolo degli ipermercati ormai si muove solo per schivare i carrelli della spesa. Segnalare, ad esempio, che i bambini sono maltrattati nel reparto di Pediatria d'Urgenza del Regina Margherita, è servito a fare pubblicare un articolo sul giornale, ed a ricevere generiche promesse da parte di quell'amministrazione: stiamo lavorando per voi. Finché il popolo bue farà solo a gara a chi muggisce di più, i servizi pubblici saranno sempre più disfunzionali, i sindacati della mutua faranno sempre più tessere, i dirigenti incapaci continueranno a rubare lo stipendio, e gli operatori sanitari si sentiranno giustificati a manifestare sempre meno voglia di lavorare.

martedì 8 settembre 2009

I PICCOLI OSPEDALI SONO DISECONOMICI?

Gente che non ha mai lavorato, e che dall'oggi al domani viene incaricata di scoprire i mali della sanità, ha affermato e continua ad affermare che gli "ospedalini" siano da additare come responsabili di buona parte del dissesto sanitario. Nulla di più fasullo! I suddetti signori dovrebbero informarsi prima di parlare. Chiedere a chi abbia lavorato, ad esempio, al S.Vito ed al S.Lazzaro di Torino. Il primo è stato di fatto regalato all'associazione Faro, che si occupa di malati terminali. Il secondo è stato come minimo dimezzato nella capacità ricettiva di posti letto; nel compenso i tempi d'attesa per le visite specialistiche sono raddoppiati. Il S.Vito, nella parte bassa della collina torinese, era l'ideale per la degenza salubre di malati affetti da disparate patologie. Diciamo che qualsiasi ammalato trae maggior giovamento nel trovarsi in un ambiente non inquinato. Abbiamo scoperto l'acqua calda, ma altri non ci sono ancora riusciti. Massimo rispetto per i malati terminali, ma la mission ospedaliera è quella di guarire, non di aspettare l'inevitabile. In cima alla collina, era collocato l'ospedale Eremo, adiacente al monastero dei frati Camandolesi. Un posto bellissimo per costruire un ospedale, infatti il servizio sanitario regionale lo ha lasciato andare in malora, e la Curia, dopo aver portato in tribunale l'USL 1-23 (o come diavolo si chiamava in quel periodo), ha realizzato una residenza per anziani (RSA). I preti credono nelle RSA, l'ASO S.Giovanni no: l'IRV sta cessando di essere un istituto di ricovero per anziani ("V" sta per vecchiaia). Il S.Lazzaro, ospedale dermatologico nato prima delle Molinette, è stato annesso dopo che ambedue le strutture avevano cessato di essere enti ospedalieri. Da allora, la gestione politica ha danneggiato allo stesso modo l'ospedale più grande e quello più piccolo. Prima dell'inizio del declino, il piccolo S.Lazzaro offriva un servizio di visite effettuate in giornata! Il dottor Prolo, mitologico personaggio locale, visitava chiunque fosse stipato nelle sale d'attesa ed anche nei corridoi. Bei tempi! Ma di dottor Prolo ce n'era uno solo, e quando andò in pensione si rese necessario prenotare le visite dermatologiche. Allora si faceva tutto con la penna ed il calamaio, ma le liste d'attesa erano decisamente ridotte rispetto ad oggi. Quando il Dermatologico finì sotto le grinfie delle Molinette, gli portarono via la gestione delle prenotazioni, così giusto per rompere le scatole ad addetti al servizio ed utenti. Nel frattempo, i reparti di degenza iniziarono a svuotarsi, per "risparmiare" sui lunghi soggiorni. Ci auguriamo che tutti quei lungodegenti siano guariti, e non siano semplicemente stati scaricati sulle famiglie. Come ogni ospedale "piccolo", il S.Lazzaro era praticamente autosufficiente: cucina, mensa, dispensa, lavanderia, centrale termica, ambulanza, chiesa (ora sala del silenzio), prete e suore (caposala particolarmente attive). Come ogni ente ospedaliero, anche il S.Lazzaro era retto da un consiglio d'amministrazione, che garantiva l'attivo o il pareggio di bilancio. Le USL (poi ASL) erano invece rette da un comitato di gestione politico, che "pareggio di bilancio" non sapeva neppure come si scrivesse .

martedì 1 settembre 2009

LA COSIDDETTA "MISSION" AZIENDALE

Un tempo, gli ospedali servivano a ricoverare la gente, ed a guarirla, se possibile. In ospedale lavoravano prevalentemente medici ed infermieri praticanti, che non avevano tempo di pensare a quale fosse la definizione vagamente sociologica del loro operato. Lavoravano e basta. Poi, un po' alla volta, sono arrivati i passacarte. Il passacartismo è una patologia contagiosa, che tende a raccogliere sempre più proseliti. Gli stessi medici ed infermieri hanno iniziato a convertirsi alla nuova fede, dato che continuavano a percepire gli stessi stipendi, facendo molto meno. E sono nati i sanitari non più praticanti, che passano il tempo ad inventarsi occupazioni verbose e praticamente inutili dal punto di vista della salute pubblica. Nel frattempo, i politici ladri hanno iniziato ad infestare il servizio sanitario, appena inventato per dare applicazione alla Costituzione. Sono passati più di trent'anni, e la gente del sud cerca ancora di farsi operare negli ospedali del nord, ben sapendo che al loro paese il servizio sanitario è una burla, o peggio ancora. Nelle regioni del sud italiano, i medici ti possono ammazzare in molti modi, senza neppure operarti. Possono ad esempio rispedirti a morire a casa, con un codice bianco. Torniamo ai passacarte. Quando le Molinette era l'ente ospedaliero S.Giovanni, di impiegati ce n'erano cento, a fronte di duemila posti letto. Ora, che le Molinette è una repubblica delle banane, di impiegati ce ne sono almeno mille, a fronte di altrettanti posti letto. Qualcuno, cresciuto professionalmente nel palazzone della USL 1-23, è ancora convinto che un ospedale debba avere sempre meno posti letto, e sempre più passacarte. Questo qualcuno gode evidentemente di buona salute, e di vita pressoché eterna, altrimenti ci penserebbe tre volte prima di intensificare la disgregazione del vecchio ma ancora saldo presidio ospedaliero. I cento impiegati di una volta gestivano l'amministrazione di una baracca molto più produttiva. I mille impiegati di oggi fanno a gara per stare seduti, dato che a questo punto ci sono problemi di spazi e di sedie. La mission aziendale degli ospedali dovrebbe essere sempre la stessa: guarire la gente. Per fare questo, i ricoveri dovrebbero durare il tempo necessario a guarire, non meno. La furbata della mission è la seguente: tutto il resto si può appaltare. Ricerche effettuate in tutta Italia hanno evidenziato, ad esempio, che la manutenzione conviene gestirla in proprio. Un piccolo caso locale: un fabbro ora pensionato riparava tutte le carrozzelle e le barelle, ma lo faceva nei ritagli di tempo. Ora la ditta ci costa quarantamila euro annui. Una piccola chicca: se le carrozzelle montassero ruote da 24 o 26 pollici, potremmo quantificare il costo di una foratura in circa tre euro. Ma le carrozzelle montano ruote da venticinque pollici, quindi dobbiamo far ricorso alle ditte. Qualcuno dovrebbe spiegarci come diavolo fa una carrozzella a forare! Chi semina chiodi e spine nei corridoi dell'ospedale? Con quello che alle Molinette ci è costato l'appalto ristorazione, avremmo ricostruito la cucina dieci volte. Quindi cosa dobbiamo dedurre? Che accanto ad ogni dismissione, in nome della mission aziendale, svolazzino sempre fior di mazzette?

domenica 30 agosto 2009

APOLOGIA DELLA MAFIA

Finalmente anche qualche magistrato si è accorto che la tv sta ponendo in essere, e non da oggi, un'apologia della mafia. Nelle numerose "Piovre" e simili, i cattivi non sono veramente cattivi. Sono sedicenti uomini d'onore, ma essere o dire di essere uomini d'onore è ben visto da gran parte della popolazione nativa del sud italiano. Per contro il sistema istituzionale italiano è identificato da quasi tutto il popolo con la burocrazia più ottusa che si possa immaginare. Marmaglia pretenziosa, che fa perdere tempo e costa un sacco di soldi. I mafiosi non sono quindi visti come il male in terra, e la tv contribuisce a rafforzare quell'aura pseudo-romantica che accompagna i ribelli. La mafia, nelle sue varie versioni regionali, è il risultato della mentalità mafiosa diffusa. Ma attenzione: i fatti dimostrano che detta mentalità non è puramente etnica. Al nord, ci sono piemontesi, lombardi ed altri, che non si tirano indietro quando possono predare il denaro pubblico. Ciò che viceversa ci manca è il senso dello Stato, forse rilevato l'ultima volta ai tempi di Cavour, per quanto De Gasperi abbia provato a rilanciarlo. Il criminale, non necessariamente mafioso, spadroneggia spesso in maniera intollerabile, traendo vantaggio da una legislazione contorta, e da una ancora più contorta applicazione, ad opera della magistratura e delle forze dell'ordine. Ha fatto notizia l'arresto di un tizio che ne aveva fatte di cotte e di crude. Diciamo che la gente si è stupita che alla fine lo abbiano messo dentro. Lui si era convinto di essere al di sopra della legge, e ci è andato vicino. La gente confronta questa mezza pagliacciata istituzionale e giudiziaria con le situazioni personali: il fisco che ci raggiunge a distanza di anni, e ci massacra con gli interessi di mora. Che lo facciano apposta ad aspettare tutti quegli anni? Insomma: ci mancano solo i mafiosi, presentati come affascinanti non-eroi, o magari eroi oscuri. In fondo, se non rispettano le regole di un sistema vessatorio e sostanzialmente antipatico, non possono essere così cattivi. Effetti collaterali dell'accettazione implicita della mentalità mafiosa sono le macroscopiche disfunzionalità degli ospedali meridionali. Non che la mafia voglia che un medico cretino assegni un codice bianco ad un cittadino, che si reca a casa e muore subito dopo. Non è la 'ndrangheta che ammazza la gente negli ospedali calabresi, ma è la mentalità mafiosa che ha distrutto la sanità pubblica, e non solo quella meridionale. Dalla Regione, fino alle aziende sanitarie, la marmaglia politica sperpera il denaro pubblico, e la magistratura si fa vedere raramente. Forse il codice penale non è adatto a sanzionare la pura incompetenza, ma quando si appaltano cose che costerebbero meno se fatte in proprio, può darsi che qualcuno prenda mazzette.

giovedì 20 agosto 2009

CARATTERISTICHE DEL SINDACALISTA DI BASSO LIVELLO

Prima di tutto si tratta di personaggi che chiacchierano troppo, e spesso a sproposito, come se partecipassero ad una selezione che premia quello che emette più fiato. Il fatto che detta chiacchiera sia spropositata si evidenzia verbalizzandola, ma chi si prende la briga di farlo? Stringi stringi, in mezz'ora e più di emissioni acustiche, rilasciano principalmente dichiarazioni d'intenti assolutamente generiche e scontate. Dicono che tutti hanno diritto ad un lavoro dignitoso, ad uno stipendio adeguato al costo della vita, ma non hanno alcuna idea su come debba funzionare un'organizzazione produttiva. Infatti, e questa è la notizia, un'organizzazione deve avere delle regole certe, e non quelle che si inventano volta per volta al tavolo delle trattative cosiddette "aziendali". Se la controparte dirigenziale fosse adeguata allo stipendio che percepisce, a questo punto dovrebbe richiamare il sindacalista logorroico ad una maggiore concisione e concretezza. Insomma: "cosa diavolo hai detto?". Ma la dirigenza pubblica è quel che è: non sono tutti dei maledetti incapaci, come pensa il 99% degli italiani, ma sono asserviti alle consorterie di partito e di malaffare (che è la stessa cosa). Poi c'è l'aspetto culturale dei suddetti sindacalisti di basso livello: tutta gente che arriva a conseguire con fatica e sotterfugi un diplomuccio serale, o magari lo compra già incartato. Oppure non finge neppure di diplomarsi, tanto chi se ne frega? La mancanza di basi scolastiche si palesa quando il suddetto sindacalista minus prova, o è costretto a scrivere. Apriti cielo! Se nella prova orale sono dispersivi, in quella scritta sono addirittura disastrosi. Concorsi interni, studiati apposta per promuovere anche gli asini zoppi, hanno cosparso le mulattiere di cadaveri. Gente priva di qualunque cognizione riguardo all'uso del soggetto, dei verbi e dei complementi, ha cercato di reinventare estemporaneamente la lingua italiana. Dovrebbero provare a scrivere frasi semplicissime; invece cercano di trasporre su carta i loro pensieri oltremodo confusi. In pratica cadono vittime della loro stessa attitudine all'inganno: la selva di vocaboli in sequenza random, che impiegano per abbindolare i fessi, si rifiuta infatti di farsi addomesticare, e rimane nella biro. A dire il vero, è già tanto che sappiano da che parte scrive la biro.

giovedì 13 agosto 2009

La religione di Stato

Quando un tribunale amministrativo regionale decreta che gli insegnanti di religione non hanno più pari dignità rispetto ai colleghi, e non possono presenziare agli esami di maturità, il Vaticano prevedibilmente insorge. Era meno prevedibile la reazione della Gelmini, che si è rivolta al Consiglio di Stato, contro la sentenza del TAR. In pratica: le associazioni riconducibili a religioni diverse da quella cattolica sono riuscite per il momento a cannoneggiare la concorrenza, ma sarà difficile che in Italia la religione cattolica sia formalmente catalogata come materia scolastica di serie B. La Gelmini sostiene che il cattolicesimo sia una cultura da equiparare ad ogni altra disciplina scolastica. Sinistra extraparlamentare e radicali, quattro gatti in tutto, vorrebbero viceversa porre sullo stesso piano gli islamici, i buddisti, i protestanti e chi più ne ha più ne metta. Questo calarsi le braghe davanti agli stranieri è tipico dell'atteggiamento antisistema di quella sinistra e di quei piagnoni di referendari, sconfitti dalla storia e specialmente dal voto. Contano poco e rappresentano ancora meno: stiano zitti e faranno una figura migliore. Il cattolicesimo fa in effetti parte della nostra cultura nazionale, ed in effetti è la religione di Stato, sebbene i politicanti vogliano mostrarsi di larghe vedute nei confronti degli altri. Ma gli altri, al loro paese, si comportano allo stesso modo? C'è reciprocità? Da noi gli islamici costruiscono moschee, ma noi da loro possiamo edificare chiese? Il punto non è neppure in cosa credano questi e quelli, dato che, eccetto i buddisti, tutti gli altri credono in un dio unico, che, per non fare confusione, si chiama Dio. Il punto è che i fastidiosi post-comunisti, quelli più estremi, i rovescia_e_brucia_cassonetti, ci vogliono svendere ai cammellieri, mettendo sullo stesso piano Gesù e Maometto. Ribadiamo che gli islamici se ne guardano bene dal metterli sullo stesso piano. Loro sono molto più integralisti di noi, ma noi rendiamo loro disponibili delle menate come la "Stanza del silenzio" dell'ospedale S.Lazzaro di Torino, dove i non cattolici in teoria dovrebbero andare per pregare e meditare. Detta "Stanza" è quasi sempre vuota, ma con le luci accese. Una superficie non indifferente che il direttore generale Galanzino ha sprecato, come se gli spazi alle Molinette abbondassero. Ci sono uffici dove la gente fa a turno per sedersi, e lui, che dovrebbe essere un catto-comunista, regala uno spazio considerevole a viandanti che di lì proprio non passano. Di pellegrini neppure l'ombra, se escludiamo quelli che hanno pensato l'assurda menata. Quelli del PD si diano almeno questa regolata: gli ex comunisti stanno assieme agli ex democristiani, che sono cattolici; evitino di farsi i dispetti più cretini. In fondo il cattolicesimo è la più simpatica tra le religioni: puoi fare di tutto, basta che alla fine, poco prima di schiattare, fingi di esserti pentito. L'islam è molto più pretenzioso: digiuni, preghiere, pellegrinaggi. Chi ce lo fa fare di mettere sullo stesso piano i nostri rassicuranti preti con quei tizi che ostentano barba, tonaca e sguardo truce, e che sostengono di aver letto il Corano?

lunedì 10 agosto 2009

Si direbbe che alle Molinette tutto funzioni, eccetto la ristorazione.

La CGIL continua la sua offensiva solitaria contro il gigante Gemeaz. Strano questo capovolgimento di umori, dato che fu proprio la CGIL, assieme a CISL e UIL a favorire, ai tempi di Odasso, l’avvento della Gemeaz. Fino ad allora non ci eravamo accorti di quanto fosse indispensabile appaltare la ristorazione. A dire il vero, non ne siamo convinti neppure ora, ma ci sono dei posti di lavoro da tutelare, e dubitiamo che le addette alla mensa siano pagate come il sindacalista RSU delle Molinette, che è inquadrato in categoria D o Ds. Sparare a zero sulla Gemeaz vorrebbe dire far rischiare il posto di lavoro a parecchia gente, e noi non ci presteremo a questo gioco al massacro. Cosa è cambiato da far sì che l’amore per la Gemeaz si trasformasse in odio? Non saranno i volantini sulle blatte a spaventare la Gemeaz, specie se le blatte in questione si aggirano nel cervello di chi sproloquia. La palazzina ristoro è la struttura più recente dell’ospedale, per cui è probabile che gli scarafaggi non l’abbiano ancora colonizzata. Ci pare peraltro che i NAS non abbiano riscontrato irregolarità. Presto i NAS si rifiuteranno, a ragion veduta, di accorrere alle chiamate di stampo giornalistico. Se la Gemeaz parteciperà alla gara d’appalto, potrà vincere o perdere, come gli altri concorrenti. Piuttosto la CGIL dovrebbe pretendere che i suoi amichetti dell’amministrazione convochino una riunione sindacale sull’argomento. Lo abbiamo chiesto per iscritto ed a voce, ma la gestione partenopea della cosa pubblica molinettiana se ne frega letteralmente delle regole, piccole o grandi che siano. Del resto, se la triplice accetta di fare trattative non ufficiali, che poi diventano l’ennesimo segreto di Pulcinella… Quando la CGIL avrà finito di cercare gli scarafaggi nelle minestrine, suggeriamo di parlare anche di altri argomenti. Ad esempio: perché per i rifacimenti edilizi continuiamo a pagare (e non poco) consulenti esterni? Non disponiamo forse di numerosi architetti, che tutto il mondo ci invidia? Progettare una centrale di sterilizzazione, in un locale pre esistente, non è come progettare un palazzo a vela o un ponte sullo stretto di Messina. Possiamo farcela con le risorse umane che abbiamo in abbondanza. La CGIL ha parlato e scritto poco sul contratto collettivo. Per quel che concerne lo scrivere, è evidente un loro imbarazzo che potremmo definire sintattico, ma del resto non tutti i D ed i Ds sono costretti a conoscere le regole della lingua italiana. La nostra geniale amministrazione ha infatti equiparato i servizi prestati come vuotapadelle a quelli prestati come solerte e fantozziano travet della ditta. Una dirigenza come quella molinettiana lascia il segno, e le sue impronte sono sparpagliate in miriadi di delibere e determine. La CGIL dovrebbe dire, tra una blatta e l’altra, che i soldi del secondo biennio sono il 30% in meno rispetto a quelli erogati per il primo. Inoltre è ormai diventata un’abitudine fregarci letteralmente un anno ogni due: il 2008 lo hanno sistemato con la cosiddetta vacanza contrattuale: veramente pochi spiccioli. Fortuna che la gente mugugna ed incassa le batoste. Lo abbiamo detto tante volte che fanno bene a tirarci pacchi, tanto gli italiani, a differenza dei francesi e degli americani, non hanno fatto e non faranno mai la rivoluzione.

martedì 4 agosto 2009

A proposito del suffragio universale

Parlando in termini molto astratti, il suffragio universale è il miglior sistema per garantire ad ognuno di noi di dire la sua, nella gestione delle risorse comuni. Il primo problema che si incontra è che questo "dire la nostra" si limita a firmare una cambiale in bianco, per un tizio e per un partito. Il secondo problema è dato dall'approccio che gli elettori hanno nei confronti del voto. Ci sono quelli che ci pensano, quelli che ascoltano amici e parenti, quelli che decidono all'ultimo momento, quelli che non votano, quelli che pasticciano le schede. Non è quindi vero che tutti gli aventi diritto abbiano la medesima voglia di votare, né che si rendano conto di ciò che stanno facendo. Se il voto non fosse segreto, e se si eleggesse un consiglio d'amministrazione, saremmo tutti molto più attenti e dediti alla missione di non farci rappresentare da cretini e da ladri. Il terzo problema, dopo la cambiale in bianco e l'approccio al voto, è il differente grado di istruzione. Non si può negare che un'educazione civica giovi alla convivenza, ma l'educazione civica in Italia è la materia più facoltativa tra tutte quelle facoltative. Sarebbe come se salissimo in auto senza avere la patente, e senza conoscere come funzionano il cambio, i pedali ed il volante. Il voto concesso a chi superi un esame di educazione civica potrebbe sembrare eccessivo, ma taglierebbe fuori tanti caproni. Un altro sistema per contenere i danni politici del suffragio universale è quello di limitarlo alle piccole arene decisionali. Qualora il voto popolare subisse uno sbarramento a livello di circoscrizione, i cittadini meno motivati e meno preparati non potrebbero agire direttamente sul parlamento. Attraverso successivi filtri, dalle circoscrizioni, ai comuni, alle province, spetterebbe esclusivamente ai consiglieri regionali eleggere i parlamentari. Invece adesso qualsiasi politicante locale può arrivare a Roma, purché aggreghi centomila o duecentomila voti di persone che possono essere preparatissime, ma il più delle volte affrontano il dovere civico con una leggerezza a dir poco nociva. Il suffragio universale parte dal presupposto errato che siamo tutti uguali. Nulla di più falso. In natura, tutti gli esseri differiscono tra loro, anche entro la medesima specie. Perché allora solo noi umani dobbiamo farci del male, facendo votare anche gente che ne farebbe volentieri a meno, e che sarebbe meglio se non votasse?

martedì 28 luglio 2009

Le gestioni sanitarie virtuose

Il governo ha commissariato la sanità in Campania ed in Molise. Ci risulta peraltro che in Italia la sanità pubblica faccia acqua da tutte le parti anche in altre regioni, per cui invitiamo i ministri competenti a posare il fioretto e ad impugnare la scure. Scopriamo che la sanità pubblica in Piemonte sarebbe "virtuosa". Si vede che tutte le altre ASL, ASO ed AOU fanno il possibile per controbilanciare la disastrosa gestione molinettiana. Dopo aver rilevato il famoso buco di sette milioni nei primi tre mesi, il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario sono rimasti al loro posto. Con i soliti tre o quattro mesi di ritardo, i giornali ci avviseranno di quanti altri milioni sia sprofondata la sanità molinettiana nei secondi tre mesi dell'anno. Si accettano scommesse: saranno riusciti a contenere il buco entro i quattordici milioni, oppure saranno pervenuti a profondità insondabili? Più che mega dirigenti, questi sembrano scavatori. Almeno trovassero il petrolio. Notare che l'ultima riforma sanitaria, sebbene sia strano chiamarla "riforma", attribuì ai direttori generali anche l'autonomia imprenditoriale. Mancava solo quel super-potere a quei manager che nessuno ci invidia. Autonomia imprenditoriale dovrebbe presupporre manovre ardite, concepite da menti eccelse. Le manovre ardite le abbiamo viste e continuiamo a vederle. Per quanto riguarda le menti eccelse, siamo ottimisti, e speriamo che ce ne mandino qualcuna, anche usata. Un imprenditore privato che si dimostri un disastro ha i giorni contati: gli azionisti prima lo bastonano, poi si rivalgono sui suoi beni personali. Una triade come le nostra non sente neppure il bisogno di scusarsi, giacché partono dal presupposto che la sanità pubblica debba per forza finire in perdita. Possibile che in tutta Italia nessuna azienda sanitaria sia in pareggio o in attivo? Ogni tanto in tv ci propinano servizi nei quali viceversa si riconosce la virtù di alcuni direttori generali che sanno far di conto. E noi crepiamo d'invidia, perché "loro" sono riusciti a pagare un prezzo equo i beni ed i servizi che hanno acquistato. Loro (quei maledetti primi della classe) non hanno appaltato tutto o quasi, in nome della "mission" aziendale. Le aziende sanitarie in pareggio gestiscono la ristorazione e le pulizie con il proprio personale! Non hanno svenduto la lavanderia interna. Non hanno distrutto i giardini dell'ospedale per farci un parcheggio a pagamento. Direttori, espressi dagli stessi partiti che esprimono i nostri, sanno anche gestire la cosa pubblica senza pensare che sia una cosa di nessuno. Si vede che, al di là della politica, qui in Piemonte è fin troppo diffusa una mentalità anti-sistema. Che la mentalità faccia la differenza lo confermano le pagelle attribuite agli atenei italiani: i migliori stanno al nord, i peggiori al sud. Le Molinette non ha neppure qualla scusa, visto che si trova a Torino. C'è da dire che i piemontesi devono per forza essere meridionali di qualcuno, forse della Svizzera, perché il loro approccio nei confronti del bene pubblico non è esattamente austro-ungarico. Non a caso la FIAT importò, ai tempi del boom economico, manodopera dal resto d'Italia: gli Agnelli non si sono mai fidati troppo dei piemontesi, e della loro vitalità lavorativa. Ora scopriamo che non si tratta solo di voglia di lavorare, ma anche di una mentalità che ci si aspetterebbe di trovare in Messico o in Brasile.

venerdì 24 luglio 2009

La mobilità nelle mani di Giunta e del SITRA

Scopriamo, a cose già fatte, ed al di fuori di ogni contrattazione sindacale, che il Direttore Generale ha deliberato il regolamento della mobilità volontaria del personale del comparto. Il gruppo di lavoro, che ha elaborato detto regolamento è composto dai Sigg.

Roberto ARIONE
Umberto BASILE
Manuela BERTETTI
Claudia BIANCHETTA
Antonino BROSIO
Liala BURATO
Massimo LAURETTA
Marina OCCELLI
Mario PALEOLOGO
Gloria PUTERO
Diomira RUOSI
Giovanni TURVANI
Fabiana VOLTAN

Trattasi di: un direttore di Dipartimento, uno di SC, un dirigente sanitario, cinque posizioni organizzative, e cinque dipendenti forse riconducibili ai comitati direttivi dei dipartimenti non assistenziali. Ma, cosa più importante, risulta presente tra gli elaboratori del testo un solo componente RSU. Ma non basta questo a trasformare il “gruppo di lavoro” in una commissione paritetica. Può darsi che tutto ciò piaccia a CISL, UIL e presumibilmente anche al Nursing Up, anche se non capiamo come mai accettino di lasciare campo libero all’amministrazione in una questione di così grande importanza. La CGIL afferma di avere espresso la sua contrarietà al provvedimento. Il regolamento della mobilità volontaria prevede che i direttori delle SC di provenienza non possano limitarsi a scrivere “parere negativo per esigenze di servizio” o “parere favorevole previa sostituzione”. Dovessero farlo, subentrerebbero però nella decisione il SITRA o il Direttore Amministrativo. In pratica detto regolamento centralizza tutte le decisioni relative alla mobilità: è sufficiente che i direttori delle SC se ne lavino le mani. Per quel che concerne il personale dei dipartimenti assistenziali, se il coordinatore della S.C. di appartenenza esprime delle difficoltà a concedere il trasferimento, mentre il coordinatore della SC cui è rivolta la domanda esprime parere favorevole, interviene il RID, che richiede una dettagliata relazione ai due coordinatori.
Ricordiamo all’amministrazione che l’art.37 del CCIA prevede espressamente che la mobilità interna sia gestita da una commissione mista azienda/sindacati.

venerdì 17 luglio 2009

DISTRAZIONE O DABBENAGGINE?

Capita di essere stanchi dopo un anno di lavoro. Possiamo capire che si pensi alle ferie, come ad una liberazione. Quello che non possiamo accettare è la reazione pressoché nulla del popolo bue alla notizia dell'innalzamento dell'età pensionabile. Signori e, specialmente, signore, la vogliamo piantare di stare alla finestra, come se le cose del mondo riguardassero solo gli altri? Ci riferiamo a chi l'età della spensieratezza dovrebbe essersela lasciata alle spalle già da tempo. Sveglia che è già tardi! I conti delle pensioni non tornano, e questa non è una novità. E la soluzione consiste nel mandarci in pensione cinque anni dopo? Ci pareva di aver sentito dire che il governo non avrebbe ritoccato per l'ennesima volta le pensioni di vecchiaia. Ora stanno puntando le donne ed il pubblico impiego, ma ce ne sarà per tutti. Sappiamo che non liberare posti di lavoro equivale a produrre disoccupazione. Ci chiediamo quando i giovani troveranno lavoro, ma il problema lo sentiamo solo quando riguarda i nostri figli. Ci si perdoni la schiettezza, ma questo è un modo di pensare estremamente idiota! Dopo una certa età, in prossimità dei sessanta, vorremmo renderci ancora utili alla società, ma vorremmo anche non sentirci più schiavizzati dagli orari e dai posti di lavoro. Tutti quei pensatori della mutua, che passano le giornate a fare riunioni, non riescono a concepire il lavoro flessibile? Le stesse sedicenti menti eccelse non si rendono conto che i giovani dovrebbero essere utilizzati in un industria informatica che non abbiamo più? Abbiamo uno o due telefonini a testa; come mai diamo lavoro alla Nokia ed alla Samsung? E le auto elettriche? Aspettiamo che la Fiat, bontà sua, decida di metterle in produzione? Non lo sanno i politicanti che quella tecnologia è disponibile da decenni? Creare lavoro, non distruggere le persone. Lo diciamo pensando a ciò che è giusto, ed a cosa secondo noi è sbagliato. Concordiamo peraltro con quelli che avviano queste politiche sociali negative, sapendo di aver a che fare con una massa amorfa, il cui brontolio non dà più fastidio di quello prodotto da una pentola di fagioli. Popolo degli ipermercati, farsi furbi e doveroso, ma è già tardi! Chi non accetta di passare per cretino, lo dica chiaramente.

mercoledì 15 luglio 2009

Il diritto allo studio e le fantalauree

Ha fatto notizia, ma non in maniera esagerata, il numero dei bocciati alla maturità. Si direbbe che, rispetto agli anni scorsi, la scuola stia diventando un tantino più esigente. Come se, ma questo è un ragionamento forse troppo ottimistico, ci fossimo resi conto di quanto sia dannoso mettere in circolazione (leggi immettere nel circuito lavorativo) troppi imbecilli. Come se ci fossimo resi conto dei danni che gli imbecilli già immessi producono di continuo. Ammetto che è veramente una riflessione ottimistica. Sappiamo, per esperienza diretta, che il cervello non è indispensabile per vivere. Questo significa che i decerebrati non vengono contenuti nel numero, ma continuano ad esistere. Quindi dovremmo cercare di inibire sul nascere la loro proliferazione. Diciamo allora che lo studio è un diritto, ma il diploma e la laurea non sono dovuti. Ci sono indubbiamente molti insegnanti che spiegano come dei cani, ma sono molto meno simpatici. Ci sono insegnanti che ci fanno odiare la matematica, più di ogni altra cosa. Dovremmo farli bollire, prima di darli in pasto agli avvoltoi, ma questo non giustifica il diploma regalato a studenti che, indubbiamente penalizzati dalla natura, peraltro non si impegnano minimamente per meritarsi una sufficienza. Tanto, dicono, prima o poi il diploma saranno costretti a darmelo. Invece no! Ci sono un sacco di miniere da scavare, terreni incolti da zappare, strade da asfaltare. E per fare questi utilissimi lavori non serve il diploma; men che meno la laurea. Qualcosa si muove anche nell'università. Il governo si è accorto che ci sono troppe ramificazioni e differenziazioni fasulle: professori che adattano gli insegnamenti alle proprie esigenze ed alla propria pochezza. Ultimamente in troppi hanno capito il business della formazione, ed ecco che i "dott" sono spuntati come funghi. Ci si laurea in qualsiasi menata, purché la si chiami "scienze" o "scienza" di questo o di quello. Le fantalauree ovviamente non servono ad accrescere il PIL, ma a gonfiare i portafogli dei parassiti pseudo-insegnanti. Non crediamo alla pubblicità! Non è vero che al mattino tutti usciamo di casa per andare in ufficio, e non è vero che viviamo tutti nella casa del Mulino Bianco. Un bravo infermiere serve in quanto tale, ma se comincia a voler fare il "dott", diventa francamente nocivo per se stesso e per gli altri. Dopo di che saremo costretti a rimpiangere gli infermieri generici di una volta, che da soli badavano a decine di malati. Rimpiangeremo anche le suore di una volta, che facevano davvero le caposala, e non avevano paura di lavorare in prima persona. E non erano neppure "dottoresse".

lunedì 13 luglio 2009

STUPRATORE RECIDIVO

Ignazio Marino, terzo candidato alla poltrona di segretario del PD, dice che nel partito c'è una questione morale grande come una montagna. Si riferisce all'arresto per violenza sessuale di Luca Bianchini, coordinatore di una sezione del PD di Roma. Il tizio era infatti già stato beccato sul fatto nel 1996, quando, diciannovenne, violentò una vicina di casa. Non lo misero in galera, perché ritenuto incapace di intendere e di volere! Un altro autogol della nostra giustizia. Ora è accusato, grazie alla prova del dna, di averne violentate almeno tre. La tana del ragioniere era arredata come ci si attende da un serial killer: articoli di giornale, foto, archivi, armi ed aggeggi di vario tipo. Forse agiva assieme ad un "palo", e consultava auspici astrologici e pseudo voodoo. Marino ha anticipato sul tempo l'opposizione, strumentalizzando per fini politici un fatto criminale. Bersani lo ha notato subito, ma anche altri, come la Bindi, a Finocchiaro e Veltroni, si sono schierati contro il disinvolto rivale. Isolati ed inascoltati quelli, che nel PD, implorano: "non facciamoci del male". Grazie ad Ignazio Marino, i portavoce del PdL sono rimasti senza parole. Tanto che c'era, Marino ha pure parlato male del tesseramento gonfiato a Napoli. Non c'entra con lo stupratore, ma con la questione morale sì.

venerdì 10 luglio 2009

ESCORT?

Che dipenda dal periodo estivo o dal carattere degli italiani, in questi giorni si parla delle Molinette più che altro per accostare l'ospedale alla escort Linda, sedicente infermiera. La signora in questione è finita sui giornali perché, nel suo tempo libero, tra il lavoro, le reperibilità, la casa ed i figli, riesce anche a fare la “escort”. La traduzione sarebbe “accompagnatrice”, intendendo il termine nel senso più ampio possibile. In pratica la sedicente infermiera eserciterebbe il mestiere più antico del mondo, o uno tra i più antichi. In Italia non le abbiamo mai chiamate “escort”, ma abbiamo numerosi termini per indicare dette professioniste dell'accompagnamento. Cosa dire di Linda? Vogliamo fare i moralisti, e buttarla fuori dall'ordine professionale di categoria? “Tiene famiglia”, ed i soldi non bastano mai. Risulta da sue dichiarazioni che Linda studi altresì per diventare dirigente, e non sappiamo francamente se sussista un'incompatibilità tra le sue varie occupazioni. Riportiamo testualmente le dichiarazioni di alcuni colleghi di Linda.
ma parliamo anche delle mamme dei giornalisti, o di quelle appartenenti ad altri ordini professionali. se poi l'esempio è quello delle nostre ministre, beh...
almeno lei ha avuto il coraggio di mettersi in prima persona e fare quel che ha fatto alla luce del sole, senza tante storie. mentre altre (o altri) favoriscono lo scambio di fluidi corporei mediante pratiche manualistico-fisiche, solo ed esclusivamente per scopi..... possiamo dire carrieristici?
se aboliscono la legge merlin mi licenzio e apro un bordello
(questa non l'abbiamo capita neppure noi)...

giovedì 9 luglio 2009

SPARLARSI ADDOSSO

Forse nessuno come gli italiani è bravo a parlarsi e sparlarsi addosso. Il parlarsi addosso consiste nel voler discutere di tutto, adducendo il sentito dire. Consiste altresì nel dire sostanzialmente nulla, pur emettendo anidride carbonica e suoni apparentemente dotati di coerenza linguistica. Visto che si parla dell'effetto serra, che agisce sulle stagioni e scioglie i ghiacci, quelli che si parlano addosso dovrebbero contenersi se non altro per amore degli orsi polari. Sparlarsi addosso significa principalmente dire che tutto va male: dal governo in giù. Anche quando gli altri ci fanno degli elogi, come nazione italiana e non come destra o sinistra, qualcuno trova il modo di farci fare quelle figure che Giovanni Agnelli definiva "da cioccolatai". Come mai Agnelli dicesse "cioccolatai" e non ad esempio "pescivendoli" sfugge alla comprensione della massa. In occasione del G8, Berlusconi ha invitato i leader delle potenze economiche a L'Aquila, ed ha ottenuto impegni per la ricostruzione: i tedeschi ricostruiranno un'intera cittadina, a titolo di indennizzo per quello che i nazisti combinarono in loco nella seconda guerra mondiale. Berlusconi non pare abbia inscenato show nazional-popolari, e sembra che nessuno gli abbia chiesto di Noemi. Scendendo nel piccolo, alle Molinette di Torino, qualcuno sparla della mensa interna. Sostenendo che la ditta che gestisce l'impianto propini alle proprie vittime scarafaggi, vermi, denti e chissà cos'altro. Sono passati i NAS, ma pare sia tutto in regola. Peggio ancora: quelli che denigrano la ristorazione appaltata sono gli stessi che la favorirono, ai tempi del direttore generale Odasso. Loro stessi non credono agli scarafaggi di cui hanno denunciato la presenza; tant'è che continuano a mangiare in mensa. La banda degli amici del direttore amministrativo sembra decisa ad evidenziare alcuni aspetti della sua pluriennale gestione. Aspetti che non avevano mai notato prima. La Regione invia alle ASL revisori dei conti, che non possono sputare nel piatto dove mangiano. Questo per due motivi: 1-più di settantamila euro, da dividere in cinque, per un numero non esagerato di sedute annue, 2-consulenze che il capo dei revisori ottiene dall'azienda su cui dovrebbe vigilare. Sarebbe conflitto di interessi, ma solo se detto presidente dei revisori si chiamasse Berlusconi, o fosse suo amico o parente. Sul versante della magistratura, dobbiamo riconoscere che, in occasione del G8, ha fatto fronte comune con le altre istituzioni. Hanno arrestato un certo numero di teppisti di professione, che avevano già rotto le scatole a Torino, in occasione del G8 delle università. Si direbbe che il periodo in cui quelli dei centri sociali spadroneggiavano e bruciavano i cassonetti stia finendo. Sparlarsi addosso fa male all'immagine dell'Italia come nazione. Dobbiamo uscire dalla crisi economica, e meno male che Tremonti e gli altri ministri economici hanno concordato azioni e regole contro il ripetersi di quei fenomeni speculativi che alla crisi hanno dato origine. Il centro-destra attacca la libertà di mercato fine a se stessa. Perché il centro-sinistra ha perso l'occasione di farlo, quando era al governo oppure adesso, dai banchi dell'opposizione? Franceschini ha smesso di proferire le sue amenità giornaliere. Che lo stia facendo per l'immagine della nazione, o piuttosto perché è già occupato a schivare le coltellate dei suoi rivali alla corsa per la segreteria del PD?