giovedì 18 marzo 2010
TRADOTTI NELLE PATRIE GALERE
venerdì 12 marzo 2010
MAZZETTE DI DESTRA E DI SINISTRA
La ricomparsa della Finanza alle Molinette ci rassicura sul fatto che la Procura di Torino non sia in mano alle “toghe rosse” di berlusconiana definizione. La Procura organizza visite alle Molinette almeno dai tempi di Odasso, quindi riserva medesima attenzione alla destra ed alla sinistra. Sebbene definire “di sinistra” certi soggetti produca un massiccio rivoltarsi nelle tombe di antichi compagni. "Abbiamo usato 5mila euro della manutenzione per finire l'asilo nido destinato ai figli dei dipendenti", dice Galanzino. Peccato che solo dirigenti e medici possano permettersi di pagare quella retta mensile, che tra l'altro è appena aumentata. Alla faccia del compagno! "Ma questo ufficio tecnico resta il più efficiente che abbia mai visto all'opera nella mia lunga carriera". Probabilmente anche la Procura e la Finanza la pensano così, per quel che concerne "all'opera" ed "efficiente". Come spiegare l'operaismo al contrario, che induce un'amministrazione sinistrorsa a lasciare che gli operai si estinguano? Ci è giunto un suggerimento, che sottoscriviamo: con il milione di euro speso per rimuovere l'amianto dal sottotetto del S.Vito, si potevano assumere dieci operai per quattro anni, e risparmiare svariati milioni. Evidentemente però la parola d'ordine del politicante di ogni tinta è spendere; tanto i debiti saranno ripianati dai contribuenti. Galanzino dovrebbe sapere che alla SC Tecnico “progettano” anche la manutenzione, ed i progettisti non sono mai meno di sedici alla volta! La manutenzione si programma semmai, ma progettarla addirittura? A proposito di appalti mazzettari, facciamo notare come, in assenza di controlli, sia facile far vincere i soliti amici: basta giocare al ribasso più assurdo. Tanto loro si guarderanno bene dal rispettare gli accordi sottoscritti. Un esempio: la Gemeaz dovrebbe garantire personale a sufficienza, ma non lo fa, e nessuno la richiama.
domenica 7 marzo 2010
DECRETO SALVA ELEZIONI
Grande scalpore ha suscitato l'intervento di Napolitano a sostegno del decreto legge con il quale Berlusconi rimette in gioco la Polverini e Formigoni. Il capo dello Stato, la cui giacca è stata strattonata da una parte e dall'altra, ha scritto sul sito della presidenza della Repubblica che erano in gioco due beni di pari dignità: il rispetto delle regole ed il diritto dei cittadini al voto. A dire la verità, implicitamente Napolitano afferma che il secondo diritto sia prevalente. Il decreto legge, che Napolitano ha firmato, viene presentato come interpretativo, pur essendo di fatto un'innovazione legislativa. Alcuni costituzionalisti, evidentemente sinistrorsi, hanno subito gridato all'incostituzionalità. Di Pietro vorrebbe defenestrare Napolitano, mediante impeachment. Resta da chiarire se detta defenestrazione del capo dello Stato, propria dell'ordinamento USA, esista anche in Italia. Qualche supporter ad oltranza sulle facoltà mentali dell'ex magistrato potrebbe rispondere che Di Pietro, essendo stato pubblico ministero, conosce le leggi. Detto ottimista ad oltranza dovrebbe ricordare che dietro a Di Pietro c'era il pool di Mani Pulite, composto da cinque o sei veri laureati in legge. Di Pietro era ed è un sbirro, ed è meglio che non parli di cose che non capisce. Napolitano, ex comunista, ha capito che bisognava tapparsi il naso. Potevamo mica andare a votare con liste che avrebbero premiato il PD per abbandono dell'avversario? Se Napolitano avesse detto “arrangiatevi”, ed avesse mollato la patata bollente ai TAR di Lombardia e Lazio, allora sì che i giudici si sarebbero trovati nell'occhio del ciclone. Napolitano ha capito che un presidente PD forse ci poteva stare nel Lazio, ma non in Lombardia. Gli avrebbero reso la vita difficile, se non impossibile. Riammettendo le liste del PDL, che non erano state correttamente depositate, Napolitano ha sancito la predominanza del diritto sostanziale su quello formale. Il diritto formale si può sempre cambiare, in qualunque momento, e la gente non si indignerà più di tanto. Il diritto formale la gente non lo conosce e se ne frega di conoscerlo. I giuristi non sono eletti dal popolo, i politici sì, ed il capo dello Stato è il politico che ha messo d'accordo il maggior numero di parlamentari. Forse il povero Bersani porterà in piazza qualcuno, ma solo in una giornata festiva o prefestiva, possibilmente primaverile, perché i pochi lavoratori che gli danno ancora retta gli altri giorni lavorano, a differenza dei politici. Ma se Bersani dovesse portare la gente in piazza contro il decreto legge di Berlusconi, la porterà in piazza anche contro il suo compagno di partito Napolitano. Il presidente della Repubblica è fatto di una pasta diversa dai D'Alema, Fassino, Bersani e simili; Napolitano sa usare la testa, ed ha fatto quel che doveva. Finanche Fini, che sproloquia sempre a proposito ed il più delle volte a sproposito, ha dato ragione a Napolitano e, tappandosi il naso, a Berlusconi. Tutto il casino è partito quando le liste sono sono state presentate con firme fasulle e fuori tempo. Come mai? Pare che nel PDL si giochi al massacro, e Berlusconi dovrà spaccare qualche testaccia maledetta. Il nostro vantato sistema istituzionale non è a prova di stupido, se è possibile che si inceppi per cretinate come le firme di presentazione ed un ritardo non così spaventoso. Le firme di presentazione sono un pro forma cretino: chi poteva dubitare che il PDL intendesse partecipare elle elezioni regionali in Lombardia, dove spadroneggia, e nel Lazio, dove gli avversari hanno perso la presidenza per una storia di trans? Le firme di presentazione avrebbero un senso per partiti nuovi, non presenti nel parlamento nazionale e nei consigli regionali a cui ci si riferisce. Dovrebbe bastare una e-mail, da parte di Berlusconi, di Bersani, di Casini, di Di Pietro, per creare automaticamente liste per PDL, PD, UDC e IDV.