sabato 3 ottobre 2009

Il continuo abuso del termine "tragedia"

La famiglia, la scuola, la tv non insegnano agli italiani a contenersi nel definire tragedia ogni disastro, disfunzione, incidente o attentato. La tv è viceversa la prima a straparlare di tragedie. Volessimo assecondare il loro modo di esprimersi, dovremmo affermare che proprio il loro modo di raccontare i fatti è una tragedia. Come lo è che molti giornalisti, incapaci di adoperare il dizionario, siano strapagati con denaro pubblico. Quello che è successo in questi giorni in Sicilia è una tragedia? Certo che l'isola ci ha abituati a situazioni un po' anomale, se rapportate agli standard dell'occidente. A Messina, piogge torrenziali hanno fatto franare un pezzo di montagna, addosso al sottostante paese. Ci sono stati dei morti (ben 21), altrimenti non farebbe notizia. Non è peraltro detto che noi italiani apprendiamo dall'esperienza, neppure se ci scappa il morto. Un occidentale diverso da un italiano avrebbe parlato di piano regolatore fatto da cani, di amministratori da sbattere in galera, e di una complessiva mentalità profondamente idiota. Parliamo di una idiozia tricolore, bianca, rossa e verde; perché a Sarno non era successa la stessa cosa? L'Europa ci guarda e scuote il capo rassegnata: quando impareremo che costruire negli alvei dei torrenti ed in zone soggette alle frane è da fessi e non da furbi? Il presidente della giunta regionale siciliana punta il dito contro un malcostume diffuso. Ma dimentica di essere a capo di tutta la baracca, quindi responsabile magari indiretto dell'accaduto. La Sicilia è la più autonoma tra le regioni autonome; ha addirittura un parlamento e dei parlamentari. Gradiremmo, essendo trascorsi quasi centocinquanta anni dall'unità d'Italia, che da quelle parti funzionasse qualcosa (oltre alla mafia, ovviamente). I siciliani protestano sommessamente anche ora, coltivando una rassegnazione molto poco occidentale. Del resto quella classe politica altamente incapace l'hanno eletta loro, o no?

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