giovedì 24 settembre 2009

TECNICI FASULLI E TANTE DITTE

Se facciamo un'analisi comparata tra quel che era l'Ufficio Tecnico delle Molinette e quel che è, ci rendiamo in effetti conto della crescita esponenziale delle ditte esterne, alle quali è devoluta tutta o quasi tutta la manutenzione dell'ospedale. Notiamo altresì quanto siano aumentati, ma solo in termini numerici, i cosiddetti "tecnici" dipendenti del comparto sanità, che lavorano appunto nell'attuale Ufficio Tecnico, che ora è Struttura Complessa. Anche questo particolare dovrebbe scatenare grasse risate: prima, ai tempi pre-Odasso, alle Molinette c'era una moltitudine di operai, ora li contiamo sulle dita di due mani. Prima c'era l'Ufficio Tecnico, ora c'è la Struttura Complessa Tecnico. Meno lavoro, ma un nome molto più altisonante. Circa dieci anni or sono, per fare l'assistente tecnico necessitava un diploma di perito o di geometra, nonché l'iscrizione all'albo. Ora, dopo Odasso, Monchiero e Galanzino, ci troviamo con assistenti tecnici corredati di qualsiasi diploma, o anche di nessun diploma. L'evoluzione dell'assistente tecnico è il collaboratore tecnico. Il titolo richiesto per fare il collaboratore tecnico è la laurea, ma non una qualsiasi: architettura o ingegneria. Forse potrebbe starci qualche geologo e qualche informatico laureato. Attualmente tra i collaboratori tecnici dell'altisonante Struttura Complessa Tecnico ci sono diplomati alle magistrali. Quindi ci chiediamo che ci azzecca? Evolvere sindacalmente elettricisti, fabbri, falegnami, muratori, tubisti, decoratori significa derogare alle norme contrattuali, che prescrivono una conoscenza specifica teorico-pratica, che non è ottenibile facendo cose diverse dal geometra o dal perito. In più si penalizzano quanti sono veramente diplomati in quel che ci vuole, ed addirittura hanno superato l'esame di Stato. Premiamo i furbastri e penalizziamo quelli che seguono le regole? Così pare. Gli ordini professionali dei geometri e dei periti che ci stanno a fare, se non riescono a difendere i posti di lavoro riservati ai loro associati? Le aziende pubbliche, infarcite di tecnici fasulli devono per forza rivolgersi all'esterno. Non potrebbero fare progettare solette o impianti a gente che non ha studiato tecnica delle costruzioni o tecnologia elettrotecnica, per dirne solo due. A casa nostra ci teniamo a far fare le ristrutturazioni a gente che sappia cosa fa, non al primo pellegrino che passa per la strada. Invece nell'ente pubblico si gioca allo sfascio. Così si può fare ricorso alle ditte esterne, previa consulenza dei soliti noti, a botte di centinaia di migliaia di euro. Eppure noi alle Molinette avevamo qualcuno in grado di progettare. Che fine hanno fatto? Sono stati disintegrati professionalmente da tutta quella masnada di ex operai sindacalizzati? Notare che costoro tornano operai solo quando sono in ballo le reperibilità. Collaboratori tecnici tornano ad essere manutentori, ma il più delle volte solo per telefono, giusto per incassare anche quei quattro soldini in più.

venerdì 18 settembre 2009

IL LINCE

Ieri, 17 settembre 2009, sei militari italiani sono stati assassinati in Afghanistan. L'esplosivo impiegato dai terroristi ha avuto la meglio sulla blindatura leggera del veicolo Lince sul quale viaggiavano. Finora il Lince aveva retto abbastanza bene contro le armi leggere, ma si era già reso necessario un ritocco strutturale, per resistere contro le mine anticarro. In fondo il Lince è un camion dell'Iveco, che pesa poche tonnellate; non è un un autoblindo, ed è impiegato in zone dove dovrebbero circolare carri armati dalle trenta tonnellate in su. Spiace dire che ci deve scappare il morto (in questo casi sei) prima che certa gente si dia una mossa. Il Lince dovrebbe essere affiancato o sostituito dal Freccia, che si suppone sia in grado di meglio opporsi alla teppaglia talebana, ed alla sua bassa tecnologia. Sia nel caso in cui il Lince sia investito dall'esplosione di un auto bomba, o colpito da un proiettile anticarro, il suo equipaggio sarebbe comunque spacciato. Che il Lince sappia districarsi abilmente nel traffico di Kabul ci lascia indifferenti: non deve mica fare le corse ad ostacoli. Analizzando i motivi per i quali anche i nostri militari si trovano all'estero, rimane difficile da credere che stiano difendendo la patria. Questo antiquato modo di esprimersi è una specie di spot per menti semplici. La patria la difendi quando qualcuno ti invade, non quando vai a casa sua. Che i nostri militari siano in Afghanistan per combattere il terrorismo è più credibile e logico. Che ci si appresti al disimpegno, dopo avere addestrato un esercito ed una polizia locali, è accettabile. Che i militari di truppa lo facciano per denaro, e non per esportare la democrazia è un dato di fatto. Il militare di truppa rischia la vita, e deve essere ben retribuito; ma, se potesse trovare un lavoro altrettanto retribuito in Italia, ci tornerebbe di corsa. I militari di truppa sono quelli che un tempo si chiamavano proletari. Gente di famiglia povera, o comunque non ricca; non super-eroi pronti a qualunque sacrificio, a prescindere dalle esigenze e dalle aspettative della vita reale. Trattiamoli meglio questi militari di truppa, funerali di Stato a parte. Evitiamo che ce li ammazzino. Meno male che, in questa occasione, nessun idiota ha inneggiato alla morte dei nostri compatrioti, come viceversa avvenne con i carabinieri assassinati in Irak. Credono, quei fessi bruciacassonetti ora extraparlamentari, che ci siamo dimenticati di quando scandivano l'infame slogan "10, 100, 1000 Nasiriya"?

lunedì 14 settembre 2009

FINI IL TRISTE

Dopo parecchi mesi, si è finalmente accorto anche lui del pacco che gli hanno tirato: la presidenza della Camera conta poco o niente. Si tratta della terza carica istituzionale dello Stato, quindi Fini sostituirebbe Napolitano, ma solo se anche Schifani stesse male. Pochi, dopo essere stati presidenti della Camera, sono tornati alla politica attiva. Alla presidenza della Camera, ci mettono qualcuno a cui dare qualcosa per un massimo di cinque anni. Fini in cambio ha regalato il suo partito, Alleanza Nazionale, a Berlusconi, che, per evitare ripensamenti, lo ha disciolto in Forza Italia. Ora Fini parla come il quarto candidato alla segreteria dell'inutile PD. Vorrebbe dare il voto ai cosiddetti "migranti", e la Lega tira fuori le mannaie. Casini, che da presidente della Camera non aveva dato via il partito, vorrebbe buttar fuori la Lega. Fuori da cosa? Come fai a buttar fuori qualcuno da qualcosa di cui non sei parte integrante? Fini ha chiesto aiuto a Napolitano: un ex fascista che va a piangere da un ex comunista. Berlusconi non c'era, perché stava dove il popolo italiano lo aspettava: al funerale di Mike Bongiorno. Un uomo contrario alle cialtronate in tv: ecco perché gli era rimasta solo la pubblicità con Fiorello. Fini piace a pochi o addirittura a nessuno; Berlusconi si esalta pubblicamente, sminuendo De Gasperi, Mussolini, Craxi ed Andreotti. Tanto gli italiani non conoscono la storia, perché la gran parte di questo popolo di navigatori da canotto consulta a malapena, e con fatica, le guide telefoniche. Ma Berlusconi continua a fare audience, mentre Fini si accontenta di prendere il sole. Fini è un freddo, un passacarte, uno che comunica tristezza solo a guardarlo in faccia. Berlusconi è un ottimista nato, e finora ha avuto ragione ad esserlo. Quelli della Lega dovrebbero essere scemi a fare cadere il governo, e loro, coreografie padane ed ampollistiche a parte, scemi non sono.

mercoledì 9 settembre 2009

OPERATORI SANITARI CON SCARSA VOCAZIONE

La normativa vigente consente alle aziende sanitarie di assumere con una certa libertà operatori socio sanitari o infermieri. Per tutte le altre qualifiche, esistono diversi vincoli. I vincoli in questione però si aggirano piuttosto facilmente. Un numero imprecisato, ma sorprendentemente alto di operatori socio sanitari e di infermieri subisce, nel breve periodo, una trasformazione alchemica che ce li restituisce come impiegati o altri passacarte non meglio identificati. Gente che sta benissimo di salute non ce la fa proprio più a stare in reparto con i degenti. Ci sono anche quegli infermieri ed oss che in reparto non ci sono mai stati, ma non ce la fanno più lo stesso. Allora, grazie alla gravissima connivenza delle amministrazioni, costoro dismettono l'odiata e poco usata casacca, per indossare gli abiti civili. Facciamo fior di costosi concorsi, per assumere qualcuno che si curi degli ammalati, poi, come un colabrodo, un numero imprecisato dei nuove leve lascia la mansione specifica e migra. Ovviamente serve un appoggio sindacale grosso come una casa, e dirigenti assolutamente fuori controllo: il caso delle Molinette di Torino. Questo ospedale vagamente partenopeo, sebbene si trovi da più di settanta anni a Torino, mostra una fame atavica di addetti all'assistenza, poi però quasi altrettanto facilmente si rende conto di avere scherzato. Recentemente sono stati stabilizzati circa cento precari amministrativi, quindi non si può asserire che gli impiegati ci mancano. Ma chi se ne frega: basta inventare nuovi uffici, se non addirittura intere strutture complesse. Il fatto di aver scritto "strutture complesse" minuscolo non è mancanza di rispetto: diciamo piuttosto che di complesso hanno poco o niente. Questa escalation di impiegatizzazione rientra in quell'approccio filo partenopeo di cui sopra: aggiungi un posto a tavola, che da mangiare ce n'è per tutti. E i reparti? Prossimamente alle Molinette rischia l'esistenza più di un reparto di degenza, come se non ci fossero più malati e neppure liste d'attesa. La gente dovrebbe lamentarsi di questo calo di tensione lavorativa, ma il popolo degli ipermercati ormai si muove solo per schivare i carrelli della spesa. Segnalare, ad esempio, che i bambini sono maltrattati nel reparto di Pediatria d'Urgenza del Regina Margherita, è servito a fare pubblicare un articolo sul giornale, ed a ricevere generiche promesse da parte di quell'amministrazione: stiamo lavorando per voi. Finché il popolo bue farà solo a gara a chi muggisce di più, i servizi pubblici saranno sempre più disfunzionali, i sindacati della mutua faranno sempre più tessere, i dirigenti incapaci continueranno a rubare lo stipendio, e gli operatori sanitari si sentiranno giustificati a manifestare sempre meno voglia di lavorare.

martedì 8 settembre 2009

I PICCOLI OSPEDALI SONO DISECONOMICI?

Gente che non ha mai lavorato, e che dall'oggi al domani viene incaricata di scoprire i mali della sanità, ha affermato e continua ad affermare che gli "ospedalini" siano da additare come responsabili di buona parte del dissesto sanitario. Nulla di più fasullo! I suddetti signori dovrebbero informarsi prima di parlare. Chiedere a chi abbia lavorato, ad esempio, al S.Vito ed al S.Lazzaro di Torino. Il primo è stato di fatto regalato all'associazione Faro, che si occupa di malati terminali. Il secondo è stato come minimo dimezzato nella capacità ricettiva di posti letto; nel compenso i tempi d'attesa per le visite specialistiche sono raddoppiati. Il S.Vito, nella parte bassa della collina torinese, era l'ideale per la degenza salubre di malati affetti da disparate patologie. Diciamo che qualsiasi ammalato trae maggior giovamento nel trovarsi in un ambiente non inquinato. Abbiamo scoperto l'acqua calda, ma altri non ci sono ancora riusciti. Massimo rispetto per i malati terminali, ma la mission ospedaliera è quella di guarire, non di aspettare l'inevitabile. In cima alla collina, era collocato l'ospedale Eremo, adiacente al monastero dei frati Camandolesi. Un posto bellissimo per costruire un ospedale, infatti il servizio sanitario regionale lo ha lasciato andare in malora, e la Curia, dopo aver portato in tribunale l'USL 1-23 (o come diavolo si chiamava in quel periodo), ha realizzato una residenza per anziani (RSA). I preti credono nelle RSA, l'ASO S.Giovanni no: l'IRV sta cessando di essere un istituto di ricovero per anziani ("V" sta per vecchiaia). Il S.Lazzaro, ospedale dermatologico nato prima delle Molinette, è stato annesso dopo che ambedue le strutture avevano cessato di essere enti ospedalieri. Da allora, la gestione politica ha danneggiato allo stesso modo l'ospedale più grande e quello più piccolo. Prima dell'inizio del declino, il piccolo S.Lazzaro offriva un servizio di visite effettuate in giornata! Il dottor Prolo, mitologico personaggio locale, visitava chiunque fosse stipato nelle sale d'attesa ed anche nei corridoi. Bei tempi! Ma di dottor Prolo ce n'era uno solo, e quando andò in pensione si rese necessario prenotare le visite dermatologiche. Allora si faceva tutto con la penna ed il calamaio, ma le liste d'attesa erano decisamente ridotte rispetto ad oggi. Quando il Dermatologico finì sotto le grinfie delle Molinette, gli portarono via la gestione delle prenotazioni, così giusto per rompere le scatole ad addetti al servizio ed utenti. Nel frattempo, i reparti di degenza iniziarono a svuotarsi, per "risparmiare" sui lunghi soggiorni. Ci auguriamo che tutti quei lungodegenti siano guariti, e non siano semplicemente stati scaricati sulle famiglie. Come ogni ospedale "piccolo", il S.Lazzaro era praticamente autosufficiente: cucina, mensa, dispensa, lavanderia, centrale termica, ambulanza, chiesa (ora sala del silenzio), prete e suore (caposala particolarmente attive). Come ogni ente ospedaliero, anche il S.Lazzaro era retto da un consiglio d'amministrazione, che garantiva l'attivo o il pareggio di bilancio. Le USL (poi ASL) erano invece rette da un comitato di gestione politico, che "pareggio di bilancio" non sapeva neppure come si scrivesse .

martedì 1 settembre 2009

LA COSIDDETTA "MISSION" AZIENDALE

Un tempo, gli ospedali servivano a ricoverare la gente, ed a guarirla, se possibile. In ospedale lavoravano prevalentemente medici ed infermieri praticanti, che non avevano tempo di pensare a quale fosse la definizione vagamente sociologica del loro operato. Lavoravano e basta. Poi, un po' alla volta, sono arrivati i passacarte. Il passacartismo è una patologia contagiosa, che tende a raccogliere sempre più proseliti. Gli stessi medici ed infermieri hanno iniziato a convertirsi alla nuova fede, dato che continuavano a percepire gli stessi stipendi, facendo molto meno. E sono nati i sanitari non più praticanti, che passano il tempo ad inventarsi occupazioni verbose e praticamente inutili dal punto di vista della salute pubblica. Nel frattempo, i politici ladri hanno iniziato ad infestare il servizio sanitario, appena inventato per dare applicazione alla Costituzione. Sono passati più di trent'anni, e la gente del sud cerca ancora di farsi operare negli ospedali del nord, ben sapendo che al loro paese il servizio sanitario è una burla, o peggio ancora. Nelle regioni del sud italiano, i medici ti possono ammazzare in molti modi, senza neppure operarti. Possono ad esempio rispedirti a morire a casa, con un codice bianco. Torniamo ai passacarte. Quando le Molinette era l'ente ospedaliero S.Giovanni, di impiegati ce n'erano cento, a fronte di duemila posti letto. Ora, che le Molinette è una repubblica delle banane, di impiegati ce ne sono almeno mille, a fronte di altrettanti posti letto. Qualcuno, cresciuto professionalmente nel palazzone della USL 1-23, è ancora convinto che un ospedale debba avere sempre meno posti letto, e sempre più passacarte. Questo qualcuno gode evidentemente di buona salute, e di vita pressoché eterna, altrimenti ci penserebbe tre volte prima di intensificare la disgregazione del vecchio ma ancora saldo presidio ospedaliero. I cento impiegati di una volta gestivano l'amministrazione di una baracca molto più produttiva. I mille impiegati di oggi fanno a gara per stare seduti, dato che a questo punto ci sono problemi di spazi e di sedie. La mission aziendale degli ospedali dovrebbe essere sempre la stessa: guarire la gente. Per fare questo, i ricoveri dovrebbero durare il tempo necessario a guarire, non meno. La furbata della mission è la seguente: tutto il resto si può appaltare. Ricerche effettuate in tutta Italia hanno evidenziato, ad esempio, che la manutenzione conviene gestirla in proprio. Un piccolo caso locale: un fabbro ora pensionato riparava tutte le carrozzelle e le barelle, ma lo faceva nei ritagli di tempo. Ora la ditta ci costa quarantamila euro annui. Una piccola chicca: se le carrozzelle montassero ruote da 24 o 26 pollici, potremmo quantificare il costo di una foratura in circa tre euro. Ma le carrozzelle montano ruote da venticinque pollici, quindi dobbiamo far ricorso alle ditte. Qualcuno dovrebbe spiegarci come diavolo fa una carrozzella a forare! Chi semina chiodi e spine nei corridoi dell'ospedale? Con quello che alle Molinette ci è costato l'appalto ristorazione, avremmo ricostruito la cucina dieci volte. Quindi cosa dobbiamo dedurre? Che accanto ad ogni dismissione, in nome della mission aziendale, svolazzino sempre fior di mazzette?