domenica 31 gennaio 2010

CHE FINE HANNO FATTO I NOSTRI INGEGNERI?

Sappiamo di avere in Italia almeno due politecnici ben quotati anche all'estero. Ogni tanto leggiamo di futuri ingegneri che hanno ideato motorette elettriche, ed auto che consumano pochissima benzina. Deduciamo di poter contare su tecnici d'eccellenza, nell'ambito della mobilità e della riduzione dell'inquinamento. Poi però i telegiornali ci spaventano con la chiusura di uno stabilimento industriale che lavorava l'alluminio. Trattasi di multinazionale che preferisce trasferire altrove la sua produzione. Non possiamo lamentarci della logica capitalista, visto che la FIAT fa lo stesso, ma le paghiamo pure gli incentivi, e ci accolliamo la cassa integrazione che decide unilateralmente. Ma, tornando all'alluminio, possibile che in Italia non ci siano abbastanza ingegneri ai quali affidare lo stabilimento dismesso? Questa domanda trova risposta nella premessa, e la risposta è sì, abbiamo tutti gli ingegneri necessari a riprendere le lavorazioni dell'alluminio. Non siamo una nazione delle banane, completamente priva di know how. Siamo piuttosto un popolo strano, che non si rende conto delle proprie potenzialità. In particolare, l'alluminio potremmo elaborarlo partendo dalle lattine raccolte negli appositi cassonetti, come dice la pubblicità. Sembra che al popolo italiano manchi quel qualcosa che gli altri popoli civili hanno. Si direbbe che ci perdiamo d'animo, ed anneghiamo in un bicchier d'acqua. I nostri politecnici sfornano ingegneri, ma noi non riusciamo ad utilizzarli proficuamente. Strano, no? Dobbiamo puntare il dito sulla nostra classe politica, ma anche accollarci la nostra parte di responsabilità individuale, perché quei politici li abbiamo eletti noi. Una classe politica composta in gran parte da professionisti della chiacchiera: queste le menti che ci governano. Forse a certe soluzioni non ci arrivano proprio, perché pochissimi di loro hanno mai prodotto ricchezza. Loro lavorano sui nostri soldi, che ci prelevano colle tasse, ma di plus valore industriale non ne capiscono proprio. Poi però sorge spontaneo un pensiero fastidioso: non sarà che troppi politici prendano mazzette dalle industrie estere, per buttarci fuori dal mercato? Come spiegare altrimenti l'inesistenza di una nostra informatica hardware e software? L'hanno i coreani, ma noi abbiamo ridotto in macerie l'Olivetti. Parlando di ingegneria spicciola, chi sa spiegare come mai noi che abbiamo inventato i cambi per bicicletta li compriamo da giapponesi ed americani? I francesi, gli inglesi ed i tedeschi non svendono il loro know how. Noi vogliamo fare gli europei, mentre gli altri fanno i fatti.


venerdì 22 gennaio 2010

L’EVOLUZIONE DELLE PAGELLINE

Dal 2003 ad oggi, tutti noi siamo stati “valutati”, per aree: organizzativa, professionale, relazionale e di team. Ora però le menti pensanti dell’OSRU ed alcuni non meglio identificati “valutatori” hanno rilevato “alcune criticità relative all’esatta individuazione del gruppo di lavoro”. In pratica non sempre sanno in quale contesto siano inseriti i loro “sottoposti”. Come dice Brunetta: “i fannulloni non ci sarebbero, se i dirigenti fossero all’altezza di dirigere”. Come è possibile che un mega-dirigente, di quelli alla Fantozzi, con tanti titoli altisonanti appiccicati su altrettanti fogli di pergamena, non sia in ogni momento della giornata a conoscenza delle attività svolte da ogni “suo” impiegato? Inoltre, dicono quelli dell’OSRU, “un giudizio collettivo del gruppo rischia di appiattire la valutazione individuale”. Appiattire significa indubbiamente ammortizzare le valutazioni più basse, ma anche le più alte. Abbiamo quindi appurato come i “valutatori” mostrino una predisposizione per le ovvietà. Conseguentemente l’area di team risulterebbe in controtendenza rispetto all’esigenza di utilizzare uno strumento idoneo a misurare le performance del singolo, ottenendo una vera e propria “fotografia” del dipendente. L’idea della performance del dipendente funziona quando vendi automobili o appartamenti, ma non quando i ricoverati presenti in reparto sono tendenzialmente in numero pari ai posti letto. Performance significherebbe dimetterli prima che siano dimissibili? Riempire le degenze con barelle? Non sarebbero iniziative nuove né originali. Ogni tanto qualche parente si offende finanche, perché il suo congiunto è deceduto a poche ore dalla dimissione. Ogni tanto la Procura apre qualche fascicolo, e rinvia qualcuno a giudizio: nomi e cognomi abbastanza altisonanti. A conclusione della sconclusionata riflessione, l’OSRU propone (a chi?) di eliminare l’area di team/leadership, a vantaggio delle aree professionale e relazionale. Queste sarebbero le trattative sindacali secondo il nuovo modello galanziniano? Scrivono una e-mail alla RSU, sperando che nessuno si accorga del tentativo di instaurare un regime? Strano che questo inno all’individualità salti fuori proprio adesso che alcune organizzazioni sindacali (tra le quali noi dell’FSI) propongono di trasferire fondi dalle incentivazioni alle fasce. Gli incentivi potrebbero essere predati da riflessioni sulla performance individuale; le fasce no. La performance di gruppo impedirebbe ai “valutatori” di farsi belli sulla nostra pelle. La linea sindacale vincente sarebbe quindi quella di incrementare la valutazione di gruppo. Se poi, all’interno del gruppo, qualcuno si comporta da fannullone, il problema deve essere risolto dal dirigente. Se il dirigente non sa come e da chi sia composto il suo gruppo, quasi sicuramente è un dirigente della mutua, che dovrebbe cambiare mestiere. Come dicevano i nostri progenitori pescatori: “il pesce puzza dalla testa”.







domenica 17 gennaio 2010

CHIEDERE ED OTTENERE UNA POSIZIONE ORGANIZZATIVA

Alle Molinette le prime posizioni organizzative sono state assegnate quasi in sordina. La primissima spuntò fuori come un fungo quando Odasso se ne era appena andato. La CGIL chiese a Monchiero se ne fosse al corrente, ma lui negò. Subito dopo fu tuttavia costretto ad ammettere l’evidenza: aveva distrattamente deliberato la prima PO molinettiana. Forse Monchiero stava pensando ad altro, e forse il suo direttore amministrativo aveva una comunione d’intenti con il predecessore. La CGIL si atteggiò a moralizzatrice dei costumi, nonché come fermo baluardo contro l’attribuzione di regalie a capetti inventati a tavolino. Purtroppo però la CGIL capitolò rovinosamente, anzi rotolò su se stessa. Del resto le tessere sono tessere, e non puoi raccontare a certa gente che non si dovrebbe depredare il fondo comune. Certa gente del fondo comune e delle incentivazioni dei colleghi se ne frega altamente. Anzi: sono spuntate numerose PO che attingono cifre decisamente alte (7000 ed 8500 euro annui) da capitoli di bilancio che non sono stati strutturati per finanziare quegli extra stipendiali. Che succede se il bilancio di previsione viene stravolto? In un’azienda seria saltano i direttori, alle Molinette li promuovono. A partire dalla prima posizione organizzativa, assegnata al GEF, abbiamo poi assistito ad una rincorsa continua all’incremento del numero e della consistenza finanziaria delle elargizioni ad personam. C’è stato un periodo nel quale l’RSU esisteva, e si riuniva pure! Riuscimmo addirittura a scrivere il contratto integrativo aziendale. Presupposti di ciò: l’OSR gestiva le relazioni sindacali, il suo direttore si chiamava Coggiola, e la sua vice (senza PO) si chiamava Chialvi. Ora l’OSRU non si occupa più di relazioni sindacali, ma è occupato da parecchi sindacalisti. Si dedica alla formazione, e quelli sarebbero fondi da monitorare attentamente. Nel periodo di massimo fulgore dell’RSU, proponemmo una dozzina di posizioni organizzative, ma ormai si era al dopo Odasso, e le cose iniziarono ad andare di male in peggio. CGIL, CISL e UIL tirarono i remi in barca, e ci trovammo soli a combattere contro il duo Monchiero-Giunta. I loro capetti si offesero quando ci permettemmo di discutere la loro professionalità, e ci denunciammo a vicenda. Dopo aver fatto la conoscenza con una certa magistratura, fummo costretti a correggere la nostra convinzione sulla correlazione tra diritto teorico e giustizia reale. A distanza di parecchi anni dall’inizio di questo dissanguamento progressivo del fondo incentivi, possiamo però finalmente riassumere le regole che consentono di chiedere ed ottenere una PO. Prima di tutto occorre essere autoreferenziali: far finta di essere una colonna portante in cemento armato antisismico. Buttare carta sulla scrivania ed in mille dossier. L’informatica è nemica di questa forma di autoreferenzialità, perché riduce la carta ammucchiata. Poi bisogna inventarsi un progetto; non importa che sia credibile: basta buttar giù una sequenza quasi infinita di chiacchiere più o meno fasulle, che nessuno leggerà o confuterà mai. L’aspirante PO deve avere necessariamente uno o più padrini: il proprio capo di struttura complessa (anche se complessa non è), ed eventualmente un sindacato compiacente. Se poi l’aspirante PO è addirittura un sindacalista, può perorare direttamente la propria causa in trattativa, sotto gli occhi (e le orecchie) di tutti.

lunedì 11 gennaio 2010

ABITI CONFEZIONATI SU MISURA

La CISL Molinette ha accusato apertamente Galanzino di aver attivato una promozione su misura a vantaggio di due persone facilmente individuabili: un igienista dentale ed un tecnico della prevenzione nell'ambiente e sui luoghi di lavoro. Questi due signori, che Galanzino definisce “due seri professionisti” sono evidentemente i destinatari dei due bandi di concorso fasulli. La CISL dice che le “promozioni” erano previste da un accordo sindacale a patto che i soggetti interessati coordinassero almeno tre sottoposti (definiti “risorse”). Fossimo stati al posto di Galanzino avremmo negato il tentativo di promuovere proprio quei due, ed avremmo parlato di posti da ricoprire, per esigenze strategiche aziendali. Del resto Galanzino ed i suoi cambiano di continuo l'atto aziendale, aggiungendo “posti strategici” tipo posizioni organizzative e responsabili di struttura semplice a valenza dipartimentale. Finalmente abbiamo capito a cosa servono i dipartimenti alle Molinette: a giustificare “posti strategici”. Grazie ai dipartimenti, l'amministrazione ha promosso sul campo undici impiegati, definendoli responsabili delle risorse umane amministrative. In quell'occasione, la CISL non si è accorta delle promozioni camuffate da bando di concorso. Noi non ci stupiamo di quello che alle Molinette riescono a fare con i bandi di concorso: in almeno un caso hanno cambiato i requisiti a procedure praticamente concluse, perché alcuni dei loro galoppini “strategici” erano finiti in posizioni infime nella graduatoria di una fondamentale articolazione amministrativa (Ds). Come giudicare un direttore generale della più grossa “azienda sanitaria” del Piemonte, che dichiara candidamente che i bandi si discostano dall'accordo sindacale? Non è forse pagato (abbondantemente) anche per rispettare gli accordi sindacali che lui stesso sottoscrive? Se, come aggiunge Galanzino, in quell'accordo “fu commessa una grave dimenticanza”, correttezza vuole che si indica apposita contrattazione sindacale. A voler essere maligni, potremmo sospettare che i due predestinati alla categoria Ds non siano iscritti alla CISL, bensì ad altra sigla sindacale illustre. Infatti in un passato prossimo anche la CISL trasse giovamento da simili alchimie amministrative. Leggendo la determinazione relativa al posto di tecnico della prevenzione Ds, si evince che trattasi di persona che svolge tale mansione da almeno tre anni, nella SC Tecnico. Come mai non nel Servizio di Prevenzione e Protezione? Un tale professionista non dovrebbe svolgere la sua utile attività ispettiva nello SpreSAL? Tornando all'atteggiamento complessivo di questa amministrazione, viene da ridere quando si leggono affermazioni tipo: “siamo tranquilli, non favoriamo nessuno, è tutto in regola”. Nessuno prima di Galanzino, Giunta e Davini, ha avuto alle Molinette un potere così smisurato di fare e di disfare. I loro predecessori sono sempre stati ripresi per buchi di bilancio molto meno evidenti. Questa destra piemontese non riesce proprio a fare opposizione, e la sinistra sembra affascinata dall'idea di avere instaurato un regime. Sarebbe però il caso che CGIL, CISL e UIL si opponessero sempre alle storture gestionali, e non solo quando rimangono singolarmente a bocca asciutta.

IL FASCINO DISCRETO DEGLI UFFICI TECNICI

Tutti noi cittadini abbiamo avuto a che fare con i lavoro pubblici: telenovele che si sa quando iniziano, ma non quando finiscono. Ci prendono ancora in giro, esponendo cartelli con sopra scritto: “stiamo lavorando per voi”. E noi, in coda su una sola corsia, li malediremmo se solo qualcuno di loro fosse presente. C’è un ponte alla periferia nord di Torino che presenta una strozzatura dir poco fastidiosa; pare che l’ufficio tecnico competente stia seguendo dei lavori. Ma quanto tempo ci mettono ad eseguire dei lavori? Ieri abbiamo saputo che gli arabi hanno edificato il più alto grattacielo del mondo in quattro anni! Da noi in quattro anni fanno un buco in terra, che si riempie di acqua e diventa una piscina per le rane. Poi, con molta calma, ci costruiscono sopra un bunker prefabbricato, che si trova settanta centimetri sotto il piano stradale! E nessuno se ne accorge. Lasciamo perdere i grattacieli, che per noi sono fantascienza, e a noi manca persino la scienza semplice, senza la “fanta”. Torniamo alle miserie italiane: alle Molinette ad esempio. Siamo felici che i dipendenti progettisti abbiano incassato il dovuto, ai sensi di legge. Leggendo le determinazioni, abbiamo tuttavia espresso i nostri dubbi a Galanzino circa il fatto che i nostri colleghi abbiano progettato sul serio. Sappiamo che qualcuno sarebbe in grado di farlo, molti altri sicuramente no. Abbiamo assistenti tecnici che non sono periti, né geometri, ma trovano collocazione nella colonna dell’assistenza edile, elettrica e termoidraulica. Una volta, prima che CGIL, CISL e UIL ci mettessero le mani, gli assistenti ed i collaboratori tecnici dovevano essere in possesso di diplomi e lauree specifiche, ed essere poi iscritti all’ordine professionale. Però, visto che le tabelle di ripartizione sono fasulle, non si corre il rischio che un dipendente incompetente abbia messo il becco in cose che non capisce, producendo danni non da poco. Ricordiamo che le Molinette è ancora un ospedale, e gli intonaci in caduta libera tendono ad infastidire i malati allettati, ed i rispettivi parenti. Avremmo voluto ridiscutere le quote di ripartizione, più che altro per quelle figure in via di estinzione che sono gli operai. Per quale motivo collettivamente percepiscono meno di un solo amministrativo? Meno male che non se ne sono accorti, e continuano a pagare le tessere di CGIL, CISL e UIL. Come mai l’amministrazione non assume operai, anzi continua a trasformare i sopravvissuti in occupatori di scrivanie e portatori di telefonino? Ci era parso di capire che i revisori dei conti (Collegio Sindacale) dovessero entrare nel merito delle scelte economiche, ma loro evidentemente non notano la disfunzionalità insita nel fare eseguire tutti i lavori da ditte in appalto e sub-appalto. Come ogni buon ufficio tecnico, anche la nostra SC accantona più dell’1% su ogni lavoro, fingendo di dare applicazione ad una norma nata proprio per evitare di ricorrere ai consulenti ed ai progettisti esterni. La Bresso, nel suo sorridente manifestone elettorale, dovrebbe ricordare alla cittadinanza i suoi successi nel contenimento della spesa pubblica. Un caso tra tutti: le Molinette!