domenica 30 agosto 2009

APOLOGIA DELLA MAFIA

Finalmente anche qualche magistrato si è accorto che la tv sta ponendo in essere, e non da oggi, un'apologia della mafia. Nelle numerose "Piovre" e simili, i cattivi non sono veramente cattivi. Sono sedicenti uomini d'onore, ma essere o dire di essere uomini d'onore è ben visto da gran parte della popolazione nativa del sud italiano. Per contro il sistema istituzionale italiano è identificato da quasi tutto il popolo con la burocrazia più ottusa che si possa immaginare. Marmaglia pretenziosa, che fa perdere tempo e costa un sacco di soldi. I mafiosi non sono quindi visti come il male in terra, e la tv contribuisce a rafforzare quell'aura pseudo-romantica che accompagna i ribelli. La mafia, nelle sue varie versioni regionali, è il risultato della mentalità mafiosa diffusa. Ma attenzione: i fatti dimostrano che detta mentalità non è puramente etnica. Al nord, ci sono piemontesi, lombardi ed altri, che non si tirano indietro quando possono predare il denaro pubblico. Ciò che viceversa ci manca è il senso dello Stato, forse rilevato l'ultima volta ai tempi di Cavour, per quanto De Gasperi abbia provato a rilanciarlo. Il criminale, non necessariamente mafioso, spadroneggia spesso in maniera intollerabile, traendo vantaggio da una legislazione contorta, e da una ancora più contorta applicazione, ad opera della magistratura e delle forze dell'ordine. Ha fatto notizia l'arresto di un tizio che ne aveva fatte di cotte e di crude. Diciamo che la gente si è stupita che alla fine lo abbiano messo dentro. Lui si era convinto di essere al di sopra della legge, e ci è andato vicino. La gente confronta questa mezza pagliacciata istituzionale e giudiziaria con le situazioni personali: il fisco che ci raggiunge a distanza di anni, e ci massacra con gli interessi di mora. Che lo facciano apposta ad aspettare tutti quegli anni? Insomma: ci mancano solo i mafiosi, presentati come affascinanti non-eroi, o magari eroi oscuri. In fondo, se non rispettano le regole di un sistema vessatorio e sostanzialmente antipatico, non possono essere così cattivi. Effetti collaterali dell'accettazione implicita della mentalità mafiosa sono le macroscopiche disfunzionalità degli ospedali meridionali. Non che la mafia voglia che un medico cretino assegni un codice bianco ad un cittadino, che si reca a casa e muore subito dopo. Non è la 'ndrangheta che ammazza la gente negli ospedali calabresi, ma è la mentalità mafiosa che ha distrutto la sanità pubblica, e non solo quella meridionale. Dalla Regione, fino alle aziende sanitarie, la marmaglia politica sperpera il denaro pubblico, e la magistratura si fa vedere raramente. Forse il codice penale non è adatto a sanzionare la pura incompetenza, ma quando si appaltano cose che costerebbero meno se fatte in proprio, può darsi che qualcuno prenda mazzette.

giovedì 20 agosto 2009

CARATTERISTICHE DEL SINDACALISTA DI BASSO LIVELLO

Prima di tutto si tratta di personaggi che chiacchierano troppo, e spesso a sproposito, come se partecipassero ad una selezione che premia quello che emette più fiato. Il fatto che detta chiacchiera sia spropositata si evidenzia verbalizzandola, ma chi si prende la briga di farlo? Stringi stringi, in mezz'ora e più di emissioni acustiche, rilasciano principalmente dichiarazioni d'intenti assolutamente generiche e scontate. Dicono che tutti hanno diritto ad un lavoro dignitoso, ad uno stipendio adeguato al costo della vita, ma non hanno alcuna idea su come debba funzionare un'organizzazione produttiva. Infatti, e questa è la notizia, un'organizzazione deve avere delle regole certe, e non quelle che si inventano volta per volta al tavolo delle trattative cosiddette "aziendali". Se la controparte dirigenziale fosse adeguata allo stipendio che percepisce, a questo punto dovrebbe richiamare il sindacalista logorroico ad una maggiore concisione e concretezza. Insomma: "cosa diavolo hai detto?". Ma la dirigenza pubblica è quel che è: non sono tutti dei maledetti incapaci, come pensa il 99% degli italiani, ma sono asserviti alle consorterie di partito e di malaffare (che è la stessa cosa). Poi c'è l'aspetto culturale dei suddetti sindacalisti di basso livello: tutta gente che arriva a conseguire con fatica e sotterfugi un diplomuccio serale, o magari lo compra già incartato. Oppure non finge neppure di diplomarsi, tanto chi se ne frega? La mancanza di basi scolastiche si palesa quando il suddetto sindacalista minus prova, o è costretto a scrivere. Apriti cielo! Se nella prova orale sono dispersivi, in quella scritta sono addirittura disastrosi. Concorsi interni, studiati apposta per promuovere anche gli asini zoppi, hanno cosparso le mulattiere di cadaveri. Gente priva di qualunque cognizione riguardo all'uso del soggetto, dei verbi e dei complementi, ha cercato di reinventare estemporaneamente la lingua italiana. Dovrebbero provare a scrivere frasi semplicissime; invece cercano di trasporre su carta i loro pensieri oltremodo confusi. In pratica cadono vittime della loro stessa attitudine all'inganno: la selva di vocaboli in sequenza random, che impiegano per abbindolare i fessi, si rifiuta infatti di farsi addomesticare, e rimane nella biro. A dire il vero, è già tanto che sappiano da che parte scrive la biro.

giovedì 13 agosto 2009

La religione di Stato

Quando un tribunale amministrativo regionale decreta che gli insegnanti di religione non hanno più pari dignità rispetto ai colleghi, e non possono presenziare agli esami di maturità, il Vaticano prevedibilmente insorge. Era meno prevedibile la reazione della Gelmini, che si è rivolta al Consiglio di Stato, contro la sentenza del TAR. In pratica: le associazioni riconducibili a religioni diverse da quella cattolica sono riuscite per il momento a cannoneggiare la concorrenza, ma sarà difficile che in Italia la religione cattolica sia formalmente catalogata come materia scolastica di serie B. La Gelmini sostiene che il cattolicesimo sia una cultura da equiparare ad ogni altra disciplina scolastica. Sinistra extraparlamentare e radicali, quattro gatti in tutto, vorrebbero viceversa porre sullo stesso piano gli islamici, i buddisti, i protestanti e chi più ne ha più ne metta. Questo calarsi le braghe davanti agli stranieri è tipico dell'atteggiamento antisistema di quella sinistra e di quei piagnoni di referendari, sconfitti dalla storia e specialmente dal voto. Contano poco e rappresentano ancora meno: stiano zitti e faranno una figura migliore. Il cattolicesimo fa in effetti parte della nostra cultura nazionale, ed in effetti è la religione di Stato, sebbene i politicanti vogliano mostrarsi di larghe vedute nei confronti degli altri. Ma gli altri, al loro paese, si comportano allo stesso modo? C'è reciprocità? Da noi gli islamici costruiscono moschee, ma noi da loro possiamo edificare chiese? Il punto non è neppure in cosa credano questi e quelli, dato che, eccetto i buddisti, tutti gli altri credono in un dio unico, che, per non fare confusione, si chiama Dio. Il punto è che i fastidiosi post-comunisti, quelli più estremi, i rovescia_e_brucia_cassonetti, ci vogliono svendere ai cammellieri, mettendo sullo stesso piano Gesù e Maometto. Ribadiamo che gli islamici se ne guardano bene dal metterli sullo stesso piano. Loro sono molto più integralisti di noi, ma noi rendiamo loro disponibili delle menate come la "Stanza del silenzio" dell'ospedale S.Lazzaro di Torino, dove i non cattolici in teoria dovrebbero andare per pregare e meditare. Detta "Stanza" è quasi sempre vuota, ma con le luci accese. Una superficie non indifferente che il direttore generale Galanzino ha sprecato, come se gli spazi alle Molinette abbondassero. Ci sono uffici dove la gente fa a turno per sedersi, e lui, che dovrebbe essere un catto-comunista, regala uno spazio considerevole a viandanti che di lì proprio non passano. Di pellegrini neppure l'ombra, se escludiamo quelli che hanno pensato l'assurda menata. Quelli del PD si diano almeno questa regolata: gli ex comunisti stanno assieme agli ex democristiani, che sono cattolici; evitino di farsi i dispetti più cretini. In fondo il cattolicesimo è la più simpatica tra le religioni: puoi fare di tutto, basta che alla fine, poco prima di schiattare, fingi di esserti pentito. L'islam è molto più pretenzioso: digiuni, preghiere, pellegrinaggi. Chi ce lo fa fare di mettere sullo stesso piano i nostri rassicuranti preti con quei tizi che ostentano barba, tonaca e sguardo truce, e che sostengono di aver letto il Corano?

lunedì 10 agosto 2009

Si direbbe che alle Molinette tutto funzioni, eccetto la ristorazione.

La CGIL continua la sua offensiva solitaria contro il gigante Gemeaz. Strano questo capovolgimento di umori, dato che fu proprio la CGIL, assieme a CISL e UIL a favorire, ai tempi di Odasso, l’avvento della Gemeaz. Fino ad allora non ci eravamo accorti di quanto fosse indispensabile appaltare la ristorazione. A dire il vero, non ne siamo convinti neppure ora, ma ci sono dei posti di lavoro da tutelare, e dubitiamo che le addette alla mensa siano pagate come il sindacalista RSU delle Molinette, che è inquadrato in categoria D o Ds. Sparare a zero sulla Gemeaz vorrebbe dire far rischiare il posto di lavoro a parecchia gente, e noi non ci presteremo a questo gioco al massacro. Cosa è cambiato da far sì che l’amore per la Gemeaz si trasformasse in odio? Non saranno i volantini sulle blatte a spaventare la Gemeaz, specie se le blatte in questione si aggirano nel cervello di chi sproloquia. La palazzina ristoro è la struttura più recente dell’ospedale, per cui è probabile che gli scarafaggi non l’abbiano ancora colonizzata. Ci pare peraltro che i NAS non abbiano riscontrato irregolarità. Presto i NAS si rifiuteranno, a ragion veduta, di accorrere alle chiamate di stampo giornalistico. Se la Gemeaz parteciperà alla gara d’appalto, potrà vincere o perdere, come gli altri concorrenti. Piuttosto la CGIL dovrebbe pretendere che i suoi amichetti dell’amministrazione convochino una riunione sindacale sull’argomento. Lo abbiamo chiesto per iscritto ed a voce, ma la gestione partenopea della cosa pubblica molinettiana se ne frega letteralmente delle regole, piccole o grandi che siano. Del resto, se la triplice accetta di fare trattative non ufficiali, che poi diventano l’ennesimo segreto di Pulcinella… Quando la CGIL avrà finito di cercare gli scarafaggi nelle minestrine, suggeriamo di parlare anche di altri argomenti. Ad esempio: perché per i rifacimenti edilizi continuiamo a pagare (e non poco) consulenti esterni? Non disponiamo forse di numerosi architetti, che tutto il mondo ci invidia? Progettare una centrale di sterilizzazione, in un locale pre esistente, non è come progettare un palazzo a vela o un ponte sullo stretto di Messina. Possiamo farcela con le risorse umane che abbiamo in abbondanza. La CGIL ha parlato e scritto poco sul contratto collettivo. Per quel che concerne lo scrivere, è evidente un loro imbarazzo che potremmo definire sintattico, ma del resto non tutti i D ed i Ds sono costretti a conoscere le regole della lingua italiana. La nostra geniale amministrazione ha infatti equiparato i servizi prestati come vuotapadelle a quelli prestati come solerte e fantozziano travet della ditta. Una dirigenza come quella molinettiana lascia il segno, e le sue impronte sono sparpagliate in miriadi di delibere e determine. La CGIL dovrebbe dire, tra una blatta e l’altra, che i soldi del secondo biennio sono il 30% in meno rispetto a quelli erogati per il primo. Inoltre è ormai diventata un’abitudine fregarci letteralmente un anno ogni due: il 2008 lo hanno sistemato con la cosiddetta vacanza contrattuale: veramente pochi spiccioli. Fortuna che la gente mugugna ed incassa le batoste. Lo abbiamo detto tante volte che fanno bene a tirarci pacchi, tanto gli italiani, a differenza dei francesi e degli americani, non hanno fatto e non faranno mai la rivoluzione.

martedì 4 agosto 2009

A proposito del suffragio universale

Parlando in termini molto astratti, il suffragio universale è il miglior sistema per garantire ad ognuno di noi di dire la sua, nella gestione delle risorse comuni. Il primo problema che si incontra è che questo "dire la nostra" si limita a firmare una cambiale in bianco, per un tizio e per un partito. Il secondo problema è dato dall'approccio che gli elettori hanno nei confronti del voto. Ci sono quelli che ci pensano, quelli che ascoltano amici e parenti, quelli che decidono all'ultimo momento, quelli che non votano, quelli che pasticciano le schede. Non è quindi vero che tutti gli aventi diritto abbiano la medesima voglia di votare, né che si rendano conto di ciò che stanno facendo. Se il voto non fosse segreto, e se si eleggesse un consiglio d'amministrazione, saremmo tutti molto più attenti e dediti alla missione di non farci rappresentare da cretini e da ladri. Il terzo problema, dopo la cambiale in bianco e l'approccio al voto, è il differente grado di istruzione. Non si può negare che un'educazione civica giovi alla convivenza, ma l'educazione civica in Italia è la materia più facoltativa tra tutte quelle facoltative. Sarebbe come se salissimo in auto senza avere la patente, e senza conoscere come funzionano il cambio, i pedali ed il volante. Il voto concesso a chi superi un esame di educazione civica potrebbe sembrare eccessivo, ma taglierebbe fuori tanti caproni. Un altro sistema per contenere i danni politici del suffragio universale è quello di limitarlo alle piccole arene decisionali. Qualora il voto popolare subisse uno sbarramento a livello di circoscrizione, i cittadini meno motivati e meno preparati non potrebbero agire direttamente sul parlamento. Attraverso successivi filtri, dalle circoscrizioni, ai comuni, alle province, spetterebbe esclusivamente ai consiglieri regionali eleggere i parlamentari. Invece adesso qualsiasi politicante locale può arrivare a Roma, purché aggreghi centomila o duecentomila voti di persone che possono essere preparatissime, ma il più delle volte affrontano il dovere civico con una leggerezza a dir poco nociva. Il suffragio universale parte dal presupposto errato che siamo tutti uguali. Nulla di più falso. In natura, tutti gli esseri differiscono tra loro, anche entro la medesima specie. Perché allora solo noi umani dobbiamo farci del male, facendo votare anche gente che ne farebbe volentieri a meno, e che sarebbe meglio se non votasse?