venerdì 18 settembre 2009

IL LINCE

Ieri, 17 settembre 2009, sei militari italiani sono stati assassinati in Afghanistan. L'esplosivo impiegato dai terroristi ha avuto la meglio sulla blindatura leggera del veicolo Lince sul quale viaggiavano. Finora il Lince aveva retto abbastanza bene contro le armi leggere, ma si era già reso necessario un ritocco strutturale, per resistere contro le mine anticarro. In fondo il Lince è un camion dell'Iveco, che pesa poche tonnellate; non è un un autoblindo, ed è impiegato in zone dove dovrebbero circolare carri armati dalle trenta tonnellate in su. Spiace dire che ci deve scappare il morto (in questo casi sei) prima che certa gente si dia una mossa. Il Lince dovrebbe essere affiancato o sostituito dal Freccia, che si suppone sia in grado di meglio opporsi alla teppaglia talebana, ed alla sua bassa tecnologia. Sia nel caso in cui il Lince sia investito dall'esplosione di un auto bomba, o colpito da un proiettile anticarro, il suo equipaggio sarebbe comunque spacciato. Che il Lince sappia districarsi abilmente nel traffico di Kabul ci lascia indifferenti: non deve mica fare le corse ad ostacoli. Analizzando i motivi per i quali anche i nostri militari si trovano all'estero, rimane difficile da credere che stiano difendendo la patria. Questo antiquato modo di esprimersi è una specie di spot per menti semplici. La patria la difendi quando qualcuno ti invade, non quando vai a casa sua. Che i nostri militari siano in Afghanistan per combattere il terrorismo è più credibile e logico. Che ci si appresti al disimpegno, dopo avere addestrato un esercito ed una polizia locali, è accettabile. Che i militari di truppa lo facciano per denaro, e non per esportare la democrazia è un dato di fatto. Il militare di truppa rischia la vita, e deve essere ben retribuito; ma, se potesse trovare un lavoro altrettanto retribuito in Italia, ci tornerebbe di corsa. I militari di truppa sono quelli che un tempo si chiamavano proletari. Gente di famiglia povera, o comunque non ricca; non super-eroi pronti a qualunque sacrificio, a prescindere dalle esigenze e dalle aspettative della vita reale. Trattiamoli meglio questi militari di truppa, funerali di Stato a parte. Evitiamo che ce li ammazzino. Meno male che, in questa occasione, nessun idiota ha inneggiato alla morte dei nostri compatrioti, come viceversa avvenne con i carabinieri assassinati in Irak. Credono, quei fessi bruciacassonetti ora extraparlamentari, che ci siamo dimenticati di quando scandivano l'infame slogan "10, 100, 1000 Nasiriya"?

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