mercoledì 21 aprile 2010

UN EYJAFJALLAJOEKULL PICCOLO PICCOLO

Quel personaggio fin troppo freddo e precisino, post-fascista al punto di essere un difensore ad oltranza dei “migranti”, ci ha messo due anni a capire che Berlusconi gli ha tirato un pacco. Con quel suo faccino sempre abbronzato, con quel suo presenziare a tutti i convegni, sensati o insensati che siano, con quell'aria da “terza carica dello Stato”, ha quindi cercato lo scontro frontale con il cavaliere. Forse Fini dopo due anni ha capito che Bossi ha fatto bene a non far confluire la Lega in Forza Italia. Forse ha finanche capito che il PdL è Forza Italia. AN si è sciolta, Forza Italia no: ha solo cambiato nome. Queste cose, che quasi tutti gli italiani avevano già capito da tempo, forse ora le ha capite anche Fini. Ha capito di avere barattato un partito neppure piccolo con una carica istituzionale, con la quale ci può fare la birra, perché in Italia conta la politica, non le istituzioni. Bossi non è confluito, ma ha stravinto al nord, a volte battendo il PdL. E Berlusconi lo elogia, dicendo “è il mio solo alleato”. Ma se il senatur è il solo alleato fidato, il buon Gianfranco cos'è? Un maggiordomo, un usciere? Dopo aver sciolto AN, ora Fini vorrebbe rigenerarla, ma l'annessione politica funziona come l'interruzione della filiera del freddo per i surgelati: dopo non li recuperi più. Se Fini andasse a far la spesa, e non ci mandasse la servitù, saprebbe che, se lasci scongelare i gelati, poi li mangi sfatti o li butti. Ma lui non va a far la spesa, ed allora ha convocato tutti i suoi ex tirapiedi. Una cinquantina di loro ha teso il braccio in un saluto romano al ducetto bolognese. Altri settantacinque hanno invece adoperato le mani per gesticolare in maniera molto meno accondiscendente. Tra questi settantacinque, ci sono, sfortunatamente per Fini: La Russa, Gasparri, Matteoli ed Alemanno. Mica roba piccola. Hanno detto che di fare un partito nel partito non se ne parla; ed inoltre hanno promesso che il numero dei lealisti salirà a cento. Che percentuale avrebbe allora Fini nel PdL? Forse meno del 15%. In più, i cinquanta fedeli al ducetto bolognese rischiano serie ritorsioni. A dire il vero pure lui rischia di ritrovarsi ex presidente della Camera. O crede di brillare di luce propria? I suoi ex colonnelli hanno capito da tempo che Berlusconi è più forte. Fini non può tornarsene dalle vacanze tutto abbronzato, per dirci che quell'altro è un dittatore. Berlusconi piace agli italiani ed alle italiane perché non è cervellotico, ma non è certo fesso. Non è un politico di professione, a differenza di Fini, D'Alema, Fassino, Bersani, Casini e tanti altri. La gente odia i politici di professione più di quelli che non si presentano ai processi, perché la gente non ama smodatamente neppure i magistrati. Altrimenti Di Pietro sarebbe premier. Berlusconi ha messo qualche soldino da parte, ma chi non lo avrebbe fatto al posto suo? C'è qualche politico da porre sul piedistallo, quale simbolo dell'onestà, della giustizia e della torta di mele della mamma? C'è qualche parlamentare che non abbia fatto fortuna, rubando quei diciassettemila euro al mese, oltre al resto? Berlusconi piace quasi a tutti, Fini quasi a nessuno: non c'è battaglia. A Gianfranco conveniva fare il bravo, e continuare a fare il presidente della Camera. Piace a pochi, e tra questi pochi ci sono degli strani sinistrorsi, progressisti salottieri e borghesi, passacarte pigiatasti, mai lavorato in fabbrica, che hanno votato contro il centro-sinistra, perché odiavano ed odiano Berlusconi! Si può essere più scemi?

martedì 20 aprile 2010

LE COSIDDETTE ESTERNALIZZAZIONI

Non lavorassimo alle Molinette, proveremmo disagio e disappunto nello scoprire, transitando davanti ad un’edicola, che a carico del nostro direttore amministrativo sia già stato aperto il secondo fascicolo in Procura. Ma alle Molinette la Finanza è di casa, al punto che molti pensano sarebbe il caso di ospitarli in pianta stabile. Risparmierebbero un sacco di chilometri. Poi leggiamo sulla rassegna stampa che questa volta si tratta dell’appalto Gemeaz, e ci atteggiamo a quelli che se lo aspettavano che prima o poi qualche personaggio illustre sprofondasse in quella palude. Quelli di noi che hanno più di dieci anni di servizio ricordano la “nostra” mensa, e si chiedono ancora come mai sia stata appaltata la ristorazione. Non si mangiava tanto male, era gestita dall’azienda, e ci saremmo evitati di strapagare quella palazzina. Non era il caso di esternalizzarla, ergo: si sente ancora adesso odor di mazzette! A dire il vero potevamo fare a meno anche del parcheggio multipiano, ma destra e sinistra lo hanno voluto fortemente. Forse ci ha guadagnato solo la GTT. Non gli alberi che sono stati abbattuti, non gli ammalati che non hanno più un giardino, neppure i giardinieri che sono stati a loro volta dismessi. Prima parcheggiavamo in mille, sotto gli alberi. Ora c’è la coda in entrata, come se ci fossero i saldi tutti i giorni. Non ci stupiamo che la ditta appaltatrice cambi continuamente nome, né che faccia finta di avere un contenzioso con le Molinette, che finge di averne uno di pari entità monetaria con la ditta. Questo sistema di esternalizzazioni selvagge assomiglia alla calciopoli secondo Moggi: tutti “interessati” al business, quindi tutti colpevoli o tutti innocenti. Il punto è che, se nessuno finisce in gattabuia, viene da pensare che il delitto renda. Però, alla fine del ragionamento, consideriamo altresì i posti di lavoro che la ristorazione appaltata comporta. Le poverine si trovano a dipendere da una ditta mutaforma, che potrebbe a sua volta avere dei “problemi” con la giustizia. La nuova sanità regionale dovrebbe quindi farsi carico delle situazioni nelle quali nessuna ditta esterna si offra di subentrare alla Gemeaz di turno nelle esternalizzazioni in corso.


mercoledì 7 aprile 2010

MOLINETTE: NON SOLO MAZZETTE

I trapianti di cuore, fegato e rene, eseguiti con successo alle Molinette, durante il week end di Pasqua, ci rammentano che l’ospedale è per prima cosa un posto dove ci si reca quando si sta male, e dal quale si spera di uscire vivi e magari guariti. Secondariamente, l’ospedale è un centro di potere, pieno di passacarte, con alcuni abusatori d’ufficio ed arraffatori di mazzette. Sorprende favorevolmente che, mentre quasi tutti si abbuffavano vergognosamente, come per prepararsi al letargo invernale, alcuni medici, infermieri e tecnici abbiano lavorato per molte ore, salvando delle vite umane. Vuol dire che nel marasma molinettiano, che costa cifre inverosimili alla collettività, esistono ancora medici, infermieri e tecnici che fanno il loro mestiere. Temevamo che gran parte dei medici si fosse completamente votata alla politica, alla ricerca spietata di collocazioni di potere. C’è gente che i partiti li ha girati tutti, sperando di imbroccare quello buono. Avevamo paura che quasi tutti gli infermieri ed i tecnici facessero il possibile per accedere alla categoria Ds, per allontanarsi sempre più dalle loro onorate professioni. Ci permettiamo quindi di suggerire a chi verrà alle Molinette, come prossimo direttore generale, di considerare che la nostra mission è quella di guarire la gente, bene ed in fretta. Tutto il resto è chiacchiera da burocrati. Dobbiamo ridurre i tempi d’attesa, non complicare gli affari semplici. Rendere nuovamente scorrevoli le procedure che i dirigenti hanno voluto ingarbugliare, per giustificare la loro esistenza in vita. Tagliare drasticamente tutte quelle boiate che si chiamano dipartimenti, e servono principalmente a pagare di più un tot di direttori. Ridurre all’osso le strutture complesse, dato che quelle che lo sono davvero ammontano a cinque o sei. Le altre producono un sacco di fumo, per depistare gli inseguitori. Spiace veramente molto notificare a decine di direttori e dirigenti che, in una organizzazione seria, loro potrebbero al limite lavorare in staff con la direzione generale. Aumentiamo gli incentivi ai cinquemila o seimila non mariuoli delle Molinette, azzerando quell’ottantina di posizioni organizzative che il nostro amato dottor Giunta ha posto in essere in anni di indefesso lavoro.