lunedì 28 febbraio 2011

SAREBBE ORA DI IMPIEGARE IL FRECCIA

Si è già rilevato quanto il veicolo Lince sia inadeguato alla missione militare in Afghanistan. Qualcuno aveva già annunciato, in occasione di uno dei troppi “incidenti” mortali in zona di guerra che ai nostri militari sarebbe stato fornito in alternativa il Freccia. Questo qualcuno era ed è il ministro della difesa La Russa. Mettendoli a confronto, è evidente la superiorità del Freccia, che è un 8x8, pesante fino a 26 tonnellate, rispetto al Lince, che è solo un 4x4, che pesa al massimo 7 tonnellate. Il Freccia pesa quasi quattro volte il Lince, ha otto ruote da venti pollici, ed è alto tre metri. Il Lince di ruote ne ha solo quattro, da sedici pollici, ed è alto due metri. Non ci sono dubbi sulla maggiore vulnerabilità del Lince, che assomiglia più ad un SUV che ad un blindato. Il Lince è lungo solo 4,7 metri, contro gli 8,6 del Freccia: il Freccia è lungo quasi il doppio, ed è largo 2,9 metri. Il Lince è largo 2,1 metri. Quale mancanza di rispetto nei confronti dei nostri militari ci induce a farli circolare su un tale giocattolo? Il Freccia ha un motore adeguato alla stazza: 405 kw, contro i miseri 136 del Lince. Maggioranza ed opposizione sono favorevoli alle missioni militari cosiddette “umanitarie”. Deputati e senatori, gente che difficilmente ha lavorato con il sudore della fronte, sono molto ardimentosi a mandare a morire i nostri giovani, per difendere zone tribali, delle quali agli italiani nulla importa. Forse il nostro esercito ed i politicanti sono d’accordo sulla possibilità di mettere le mani su petrolio, gas e tutto ciò che si può estrarre dalle viscere della terra. Un sospetto o una certezza? Invitiamo i quasi mille strapagati a quindicimila euro mensili: i nostri parlamentari chiacchieroni, a deliberare in fretta l’invio dei Freccia in Afghanistan, per il bene della patria!

giovedì 17 febbraio 2011

Rivoluzioni in rete

Grandi teorici delle rivoluzioni avevano escluso che se ne potesse fare una senza un leader riconoscibile. Invece, in Tunisia ed Egitto, i presidenti dittatori sono stati defenestrati da moti di piazza anarchici, senza etichette di partito e religione, coordinati tramite Facebook e Twitter. Sono state rivoluzioni relativamente incruente, molto mediatiche, ma la gente nelle piazze non si è mossa di lì fino al raggiungimento dell'obiettivo. Diciotto giorni in Egitto; neppure troppi per mandare a casa uno che stava in sella da trenta anni. I grandi teorici delle rivoluzioni hanno imparato qualcosa, come tutti noi. Si vede che quei due presidentissimi avevano veramente rotto le scatole alle moltitudini. L'esercito ha preso le parti del popolo, traendone vantaggio: ora è garante della transizione democratica. Una volta l'esercito, in caso di rivoluzione, realizzava il suo bel colpo di Stato, instaurando un regime militare autoritario. Speriamo bene. La cosiddetta onda verde è arrivata fino in Libia, dove Gheddafi regna da quarantadue anni. Dodici più dei deposti raiss di Tunisia ed Egitto. Costoro, i due raiss deposti, ora stanno malissimo, per lo shock psicologico e l'età. Forse riusciranno a morire in patria. Internet funziona come un tam tam inarrestabile, anche dove in teoria non arriva il segnale. I manifestanti vogliono la democrazia, più dei soldi, più dell'islam, più di quanto i regnanti siano disposti ad offrire. I rivoluzionari di casa nostra sono avvisati: se vogliono abbattere Berlusconi, devono tenere una piazza per tre settimane circa. Ma loro in piazza si fermano poche ore, poi tornano nelle loro ville, a bordo dei loro macchinoni. In piazza contro Berlusconi non ci vanno gli operai che rischiano il posto di lavoro, bensì le donnine offese perché Ruby l'ha data al Silvio (o forse no). Gli operai non hanno tempo da perdere in cretinate da borghesi perbenisti. Gli operai sono divisi tra quelli che credono a Marchionne, e quelli che non gli credono. I primi verranno riassunti, i secondi no. Questo fatto è più tragico di qualsiasi menata giudiziaria e mediatica. Berlusconi è fatto di gomma: tutto gli rimbalza. Con un po' di campagna acquisti sta distruggendo il FLI, anzi forse ha già finito di farlo. Un partito di fascistelli riverniciati, che tornano dal padrone che paga di più.

domenica 13 febbraio 2011

CHE C'ENTRA KANT?

Mubarak è stato costretto a mollare l'osso, dopo trenta anni di strapotere. Adesso comandano i militari, poi si vedrà. L'Egitto ha seguito l'esempio della Tunisia, che aveva da poco defenestrato il suo dittatore. L'onda rivoluzionaria scuote tutto il nord Africa, coinvolgendo altre nazioni, e mettendo a rischio altre presidenze a vita. Effetto collaterale di diciotto giorni di rivolta in Egitto, tutto sommato pacifica, è una crisi economica da affrontare. Masse enormi di profughi sono in movimento, attraverso il Mediterraneo, e sbarcano da noi. L'Europa è un lento pachiderma, rappresentato da passacarte chiacchieroni. Con la scusa di parlare lingue diverse, fanno finta di non capire gli argomenti altrui. In Italia però si continua a parlare di Berlusconi e del bunga bunga. Quale popolo è così stupido da non capire quando è giunta l'ora di piantarla di litigare su tutto? Rivoluzioni che sovvertono gli equilibri del Mediterraneo scoppiano e si concludono, ma da noi i cosiddetti intellettuali parlano di Kant. Il filosofo è stato tirato in ballo a proposito della moralità del presidente del consiglio. Kant non ha scritto di Berlusconi, ci mancherebbe. Kant era un filosofo, non un veggente. Pare abbia affermato che il capo è anche un uomo, con quello che ne consegue. Proprio perché Kant ha parlato da filosofo, tutti si sono messi ad interpretarlo a proprio favore. Kant è morto da tempo, quindi non possiamo chiedergli cosa intendesse, ma ci interessa veramente? Ferrara ha polemizzato con Eco a proposito di Kant, le “donne” scendono in piazza per difendere la morale, Bersani chiede a Berlusconi di fare un passo indietro, Napolitano ha richiamato Berlusconi, o forse no. Queste “donne” che scendono in piazza sono vagamente sinistrorse, quindi non rappresentano chiaramente l'intero genere femminile, umano e bipede. Ce ne sono di bruttine, quindi non rappresentano le veline, né le letterine, né le altre donnine giovani e belle che piacciono al premier, ma anche ad ognuno di noi maschiacci di una certa età. Mentre noi chiacchieriamo e manifestiamo, Fini fonda il suo FLI; e finora cos'erà? Chi comanderà nel FLI? Ci attendono notti insonni, mentre attendiamo con ansia che i quattro gatti si mettano d'accordo. Intanto, non per mettere fretta, a Lampedusa non c'è più posto per altri profughi, ma questi signori continuano ad arrivare. Nessun comunista si offre di ospitarne due o tre nel salotto o nel garage?

mercoledì 9 febbraio 2011

IPOCRITI E PAGLIACCI

Non è la prima volta che un incendio in un campo nomadi uccide dei bambini. Quindi dovremmo stupirci dello stupore di quanti si sono resi conto, sulla pelle degli altri, che vivere in capanne di cartone e legno è decisamente pericoloso. Specialmente quando all'interno di dette baracche ci si riscalda con fiamme vive. Del resto, cosa dovrebbero usare? Il bue e l'asinello? Prevedibile che accada d'inverno, dato che d'estate fa caldo! Ipocriti tutti quelli che si sono accorti adesso della presenza di una moltitudine di campi nomadi, che sfuggono ad ogni controllo e verifica. Pagliacci quanti affermano che ai nomadi debbano essere affidate case. "Affidate" dovrebbe significare regalate, altrimenti i suddetti pagliacci avrebbero detto "affittate", che assomiglia ad affidate, ma significa ben altro. Dovremmo trattare gli zingari meglio di come trattiamo i cittadini italiani, che pagano le tasse, e lavorano quaranta anni prima di andare in pensione? Non siamo mica tutti parlamentari. Gran parte degli italiani compra una casa, indebitandosi con un mutuo assassino, almeno ventennale. Ed agli zingari le case dovremmo regalarle? Possiamo essere altruisti e buonisti, ma essere coglioni è un'altra cosa. Il problema si colloca a monte: gli zingari non hanno alcuna voglia di lavorare, preferendo crescere i loro moltissimi figli nella sporcizia. Campi attrezzati? Ci sono già i campeggi, dove si possono collocare tende e caravan, pagando! In una società civile non c'è spazio per gli zingari. Dispiace sempre che ci vadano di mezzo i bambini, che hanno avuto la sfortuna di nascere in quelle tribù di selvaggi. La soluzione è, se proprio vogliamo salvaguardare i piccoli, di estirparli da quel tessuto tribale, lavarli, sfamarli e farli adottare da qualcuno che voglia prendersi la briga di farlo. Contestualmente, bisogna radere al suolo tutti i campi nomadi. Solo questo eviterà che tutti gli anni, più volte l'anno, due o più bambini morti in maniera atroce inneschino rigurgiti di umanità negli ipocriti e nei pagliacci. Se poi qualche sinistrorso, inutile a se stesso ed agli altri, volesse fare davvero il comunista, adotti un'intera famiglia di dieci o più zingari, e li stipi nel salone della sua villa in collina, o nel suo grosso appartamento in centro città. In tv ho visto una che lo ha fatto, e mi sono detto: “accidenti, una comunista vera!”.


domenica 6 febbraio 2011

LA CHIACCHIERA INESAUSTA DI FINI

Quando Rai News decide di propinarci un discorso di Fini, le riflessioni sono almeno due: 1-ma quanto parla questo, 2-sembra che sia sceso in campo da qualche mese. Fini intesse lodi per la sua politica, dicendo di non voler far polemica. Gli scappa però di raccontare di quando lo buttarono fuori dal PdL, e quella cosa non la digerirà mai. Come un deputato eletto da un mese o due, parla male dei politicanti di professione, che non capiscono i reali problemi del paese. E gli ascoltatori si chiedono se quello sia quel Fini che fu allievo di Almirante, o piuttosto sia uno, molto più giovane, che gli assomiglia soltanto. Perché se quello è l'ex delfino di Almirante, forse è in politica da parecchi decenni, e non ha mai lavorato diversamente che con la chiacchiera. L'eloquenza non manca a Fini, tuttavia quando dice che dovremmo premiare i giovani che cercano di emanciparsi dalle loro umili origini, si dimentica di dirci quale sia il suo progetto. Se ipotizza delle borse di studio o altre sovvenzioni si scorda di dircelo, o forse sta ancora elucubrando in merito. Attendiamo fiduciosi il prossimo inevitabile soliloquio. Un altro che parla così è Casini, che elenca un sacco di problemi, colpa dei governi degli altri, ma nessuna soluzione. Anche Casini diffonde moralità da ogni poro, e si direbbe che anche lui sia arrivato da poco alla politica attiva e molto ben stipendiata. Si potrebbe pensare che i due compaesani di Prodi non tengano in alcun conto i decenni passati in faticose battaglie fatte di parole in libertà. Cosa faceva Casini prima di essere eletto in parlamento? Che lavorasse come metalmeccanico in uno stabilimento FIAT? Fini parla e riparla di politiche ad ampio respiro, trasmettendoci un'immagine di lui, abbronzato come sempre, in piedi sulla barca di D'Alema, preso ad incamerare l'aria salmastra di mari del sud. Che faceva Fini prima di diventare delfino di Almirante? Che lavorasse come operaio filosofo in qualche cantiere navale, magari dalle parti di Montecarlo?