martedì 31 marzo 2009

DIRIGENTI made in ITALY

Tutta colpa dei manager? O, come Jessica Rabbit, sono stati "disegnati così"? I grandi capi di General Motors e Peugeot sono stati defenestrati, ma noi siamo in Italia, e pochi pagano davvero per i danni prodotti alla collettività. Miopi nelle strategie, ed alla continua ricerca di bonus, i manager hanno guidato il pulmino aziendale andando a sbattere contro il muro della recessione. Ma, negli enti pubblici, il buco di bilancio è prevedibile, se non addirittura auspicabile. Gli appalti ed i sub-appalti non funzionano, se non come collettori di tangenti. Tanto poi paga Pantalone. Una minoranza di imprese sceglie un manager in base alle performance, ma gli altri decidono in base alle relazioni personali. Non qualcuno che abbia dimostrato di valere, ma un compagno di scuola, di partito o di merende. Confrontando i manager italiani con i colleghi di 12 Paesi esteri, scopriamo che per età sono simili, ma l'Italia si rivela più misogina. Solo il 4% dei manager è straniero. Ma dove, quasi letteralmente, casca l'asino è sulla scolarità del manager italiano. La metà non possiede laurea. E quando ce l'ha, è lontana dalla lode. Struttura familistica, ometto scelto nel cortile di casa, con basso livello culturale: ecco Parmalat, il più grosso crac made in Italy degli ultimi anni. Non che i partiti riescano a fare di meglio, nelle loro designazioni. I manager scelti per il curriculum ed i risultati lavorano di più, sono più soddisfatti, spingono l'impresa più avanti. Ma c'è chi sostiene che tanto il servizio sanitario sarà sempre in perdita. Forse perché ci sono dei “vecchi” che si ostinano a mettersi in lista per i trapianti. COSA DIAVOLO FA, esattamente, un manager? Lavora in media 48 ore alla settimana. Metà del tempo lo spende in "riunioni". Solo il 14% alla scrivania, e non è detto che sopra ci sia un computer. Il 12% in viaggi. Nel restante 25% telefona, partecipa a conferenze, pranzi di lavoro, eventi speciali. Incontra “consulenti esterni” all'azienda. Perché un manager passa più tempo con un faccendiere, un politico, un banchiere che con il direttore marketing o i suoi collaboratori in azienda? Se la determinazione delle posizioni non è legata ai titoli né ai risultati, i manager dedicano più tempo a coltivare “contatti” che a far funzionare le aziende di cui hanno la responsabilità. Ecco che il circolo vizioso si chiude. Segnali di un'inversione di tendenza? Nessuno. Hai una laurea con il massimo dei voti, hai un carattere indipendente, tendi a dire quel che pensi, se ritieni che sia per il bene comune? Sei magari perfino donna? Non pensare di fare il manager in Italia! Al limite vai all'estero, alla London School of Economics a fare un'impietosa ricerca sui manager italiani.

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