domenica 17 gennaio 2010

CHIEDERE ED OTTENERE UNA POSIZIONE ORGANIZZATIVA

Alle Molinette le prime posizioni organizzative sono state assegnate quasi in sordina. La primissima spuntò fuori come un fungo quando Odasso se ne era appena andato. La CGIL chiese a Monchiero se ne fosse al corrente, ma lui negò. Subito dopo fu tuttavia costretto ad ammettere l’evidenza: aveva distrattamente deliberato la prima PO molinettiana. Forse Monchiero stava pensando ad altro, e forse il suo direttore amministrativo aveva una comunione d’intenti con il predecessore. La CGIL si atteggiò a moralizzatrice dei costumi, nonché come fermo baluardo contro l’attribuzione di regalie a capetti inventati a tavolino. Purtroppo però la CGIL capitolò rovinosamente, anzi rotolò su se stessa. Del resto le tessere sono tessere, e non puoi raccontare a certa gente che non si dovrebbe depredare il fondo comune. Certa gente del fondo comune e delle incentivazioni dei colleghi se ne frega altamente. Anzi: sono spuntate numerose PO che attingono cifre decisamente alte (7000 ed 8500 euro annui) da capitoli di bilancio che non sono stati strutturati per finanziare quegli extra stipendiali. Che succede se il bilancio di previsione viene stravolto? In un’azienda seria saltano i direttori, alle Molinette li promuovono. A partire dalla prima posizione organizzativa, assegnata al GEF, abbiamo poi assistito ad una rincorsa continua all’incremento del numero e della consistenza finanziaria delle elargizioni ad personam. C’è stato un periodo nel quale l’RSU esisteva, e si riuniva pure! Riuscimmo addirittura a scrivere il contratto integrativo aziendale. Presupposti di ciò: l’OSR gestiva le relazioni sindacali, il suo direttore si chiamava Coggiola, e la sua vice (senza PO) si chiamava Chialvi. Ora l’OSRU non si occupa più di relazioni sindacali, ma è occupato da parecchi sindacalisti. Si dedica alla formazione, e quelli sarebbero fondi da monitorare attentamente. Nel periodo di massimo fulgore dell’RSU, proponemmo una dozzina di posizioni organizzative, ma ormai si era al dopo Odasso, e le cose iniziarono ad andare di male in peggio. CGIL, CISL e UIL tirarono i remi in barca, e ci trovammo soli a combattere contro il duo Monchiero-Giunta. I loro capetti si offesero quando ci permettemmo di discutere la loro professionalità, e ci denunciammo a vicenda. Dopo aver fatto la conoscenza con una certa magistratura, fummo costretti a correggere la nostra convinzione sulla correlazione tra diritto teorico e giustizia reale. A distanza di parecchi anni dall’inizio di questo dissanguamento progressivo del fondo incentivi, possiamo però finalmente riassumere le regole che consentono di chiedere ed ottenere una PO. Prima di tutto occorre essere autoreferenziali: far finta di essere una colonna portante in cemento armato antisismico. Buttare carta sulla scrivania ed in mille dossier. L’informatica è nemica di questa forma di autoreferenzialità, perché riduce la carta ammucchiata. Poi bisogna inventarsi un progetto; non importa che sia credibile: basta buttar giù una sequenza quasi infinita di chiacchiere più o meno fasulle, che nessuno leggerà o confuterà mai. L’aspirante PO deve avere necessariamente uno o più padrini: il proprio capo di struttura complessa (anche se complessa non è), ed eventualmente un sindacato compiacente. Se poi l’aspirante PO è addirittura un sindacalista, può perorare direttamente la propria causa in trattativa, sotto gli occhi (e le orecchie) di tutti.

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